Megan in missing: un’agghiacciante storia ispirata alla realtà

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Di Maria Paola Pizzonia

Oggi nella puntata settimanale di Metropolitan Cinema dedicata all’horror e allo splatter, ecco una chicca per gli amanti dell’exploited: Megan is Missing.

Ciao a tutti, oggi è venerdì e quindi come ogni settimana siamo pronti per un

Bloody Mary, Bloody Friday!

con la mia rassegna di film più terrificanti, sanguinolenti, artisticamente horror. Come ben sapete sono un’appassionata di orrore e disgusto: Cinema per stomaci forti!

Oggi voglio parlarvi di un horror dal gusto moderno e scene estreme.

“Megan Is Missing” è un film horror psicologico americano del 2011, montato, co-prodotto, scritto e diretto da Michael Goi.

Cosa succede in “Megan is Missing”:

Il film ruota intorno ai giorni che precedono la scomparsa di Megan Stewart, una giovane ragazza. Megan è una studentessa delle superiori di North Hollywood. La ragazza è molto popolare e conduce una vita normale, fin quando non decide di incontrare di persona un ragazzo con cui stava interagendo online. Il film racconta poi, con un interessante gioco di narrazione, la successiva indagine avviata dalla migliore migliore amica Amy Herman. L’indagine porterà a risultati agghiaccianti.

Il film si articola attorno a due figure dicotomiche. Vediamo due giovani ragazze adolescenti che non potrebbero essere più diverse. La quattordicenne Megan è estroversa, una ragazza festaiola con un passato oscuro. Infernale come si evince che sia stata molestata e come racconta del sesso orale fatto all’età di dieci anni. La sua migliore amica di 13 anni Amy è invece è dolce e verginale, amata dai suoi genitori ma presa di mira dai compagni di classe. Un giorno Megan racconta ad Amy di un nuovo ragazzo che ha incontrato online, Josh. Megan incontra Josh e poi scompare. Amy prima ne denuncia la scomparsa alla polizia, poi anche lei risulta scomparsa.

Un film censurato:

Sebbene sia stato girato nel 2006, il film non ha avuto successo nella distribuzione. Ha trovato invece molti ostacoli fino a quando la Anchor Bay Films non gli ha dato un’uscita nelle sale limitata. Ma soltanto nel 2011. Commercializzato come film educativo(concetto che approfondiremo più avanti) “Megan Is Missing” è stato bandito in Nuova Zelanda ed è stato pesantemente attaccato dalla critica per la sua natura cruda e violenta. Infatti fa parte del sotto-genere “exploited” e “torture porn“. Questo gli ha portato una pessima fama: vuoi per la violenza grafica inflitta ai bambini protagonisti o per l’eccessiva sessualizzazione delle vite di giovani adolescenti.

Come Michael Goi ha scritto “Megan is Missing”:

Goi ha basato il film su una serie di casi reali di sottrazione di minori e ha sottolineato che il suo obiettivo era sottolineare la violenza come fenomeno sociale. L’intento è di far innervosire le persone in modo che lo spettatore comprenda i rischi a cui sono esposti i bambini online attualmente. Goi ha scritto la sceneggiatura in dieci giorni e ha girato il film nel corso di una settimana. A causa del contenuto grafico, ha richiesto che i genitori del cast prevalentemente giovane fossero sul set durante le riprese in modo che fossero pienamente consapevoli del coinvolgimento dei loro figli nel progetto.

Un interessante esperimento filmico che rende la pellicola molto moderna:

La storia del film è raccontata in stile found footage, una raccolta di diari video e chat su Internet. La maggior parte del cast è inoltre composto da attori inesperti o con poca esperienza. Rachel Quinn e Amber Perkins sono state scelte nei ruoli di Megan e Amy. Quinn aveva recitato in diversi spot pubblicitari e film per studenti prima delle riprese, ma questo film è stata la sua prima esperienza di recitazione professionale. Ha segnato inoltre il debutto cinematografico di Perkins, che in precedenza aveva lavorato solo dietro le quinte per programmi televisivi e spot pubblicitari. La storia comincia giocando molto sulla vita perfettamente normale di due millennials, con tutti i crismi (anche un po’ stereotipati).

Una scena di “Megan is Missing” – fonte: google

Questo spaccato sociale però non è altro che un preludio agli ultimi 22 minuti del film. In un momento della storia che sfiora l’assurdo, il rapitore lascia dietro di sé una telecamera e una pellicola. Questi video saranno poi ritrovati dalla polizia. In quei video scopriamo quindi cosa succede sia ad Amy che a Megan, e “Megan is Missing” si trasforma nel tipo più estremo di exploited-horror. Con un egregio uso della tecnica Mockumentary, vediamo una giovane ragazza che viene degradata, violentata e altro ancora. Il tutto in found footage, quindi dove uno schermo riprende un altro schermo (tramite video delle due amiche o tramite il filmato del rapitore) e il tutto rende uno strano senso straniante in questo moderno esperimento filmico. Ma non solo. Il risultato infatti è efficace nello spettatore. Forse è anche per questo che, quando finalmente “troviamo” Megan, siamo troppo insensibili per essere scioccati.

Cos’è il Mockumentary:

Il mockumentary è una variante del cosiddetto pseudo-documentario. Anche denominato falso documentario, lo pseudo-documentario è un espediente narrativo del mondo audiovisivo nel quale eventi fittizi e di fantasia sono presentati come reali attraverso l’artificio del linguaggio documentaristico.

Corrisponde solo in parte al mockumentary (dall’inglese mock-, che significa “fare il verso” e [doc]-umentary). Come il falso documentario anche il mockumentary, pur non rappresentando allo stesso modo eventi reali, ha intenti diversi. I suoi sono infatti principalmente obiettivi parodistici, alle volte critici, laddove lo pseudo-documentario ha generalmente intenti principalmente narrativi.

Il film non è definibile come mockumentary in tutto e per tutto, in quanto esperimento filmico all’interno di uno specifico genere. Infatti questa sottocategoria dell’horror ben si sposa con la commistione di generi ideata dall’autore, dove tra “prestiti” dal linguaggio documentaristico e post-cinematografico, riesce a far sentire lo spettatore quasi un Voyeur. Il tutto però con una naturalezza estraniante, tipica dello scrolling sui social.

Un tentativo di critica sociale:

Sapete bene ormai, se seguite questa rubrica, che sono interessata a come l’horror in quanto genere possa fondersi con la critica sociale. Su questo “Megan is Missing” è un “torture porn” che vuole disperatamente essere qualcosa di più. Palese è il sottotesto morale della pellicola: tenta di essere una denuncia dei giovani di oggi in America. Una sorta di allarme per i genitori riguardo la nostra società.

Già di per sé, ai miei occhi, questo è un messaggio debole e generalizzante. Ma il punto focale della critica, scendendo sempre più nello specifico, risulta posticcio. Perchè appare come l’ennesimo monito sui rischi inerenti alle ragazze che hanno troppa esposizione a Internet e troppo poca supervisione.
No grazie: è una prospettiva che deriva dalle ansie di una generazione a noi precedente e che vede la rete con la paura prodotta dall’ignoranza. Noi conosciamo la rete e, per quanto esistano molteplici pericoli e luoghi insidiosi nel web, di questa retorica ne abbiamo abbastanza.

Perchè guardare comunque “Megan is Missing:

Ne apprezzo immensamente i contenuti visivi e in generale lo trovo un buonissimo horror. Infatti ne consiglio la visione, soprattutto agli amanti del genere. Quel che più è apprezzabile in quanto carnografi è però ciò che più alimenta la vuotezza critica del film. La scena in cui finalmente troviamo Megan è scioccante, grottesca, violenta a livelli disarmanti. Ma è comunque un’immagine tipica dei un film slasher o di un torture-porn. In questo tripudio di violenza l’intento didascalico scompare, si vuota. Le premesse critiche si dissolvono in un indugio di tortura e questo fa perdere al film qualsiasi credibile intento di insegnamento morale.

Michale Choi stesso ha affermato che il film contiene un forte elemento di critica sociale. Ha dichiarato di riferirsi specificatamente al fenomeno del rapimento di minori. Ma questa è la sua risposta? “Megan is Missing” non offre soluzioni a questo problema, nè alcuna di miglioramento.

Si tratta comunque di una perla per gli amanti del genere “exploited” e del “torture-porn” che resta quindi fortemente consigliato per gli amanti dei contenuti grafici estremi.

Vi è piaciuto l’articolo? Ci vediamo la prossima settimana con

“Bloody Mary, Bloody Friday”

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Cinema per Stomaci Forti!

Articolo di Maria Paola Pizzonia (Rae Mary)
Metropolitan Cinema