Da Messina a Napoli, seguendo una lunga scia di fuoco

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Di Redazione Metropolitan

Il fuoco è il denominatore comune di questa estate 2017, una lunga striscia che ha circondato Messina ed attraverso la Calabria è giunta fino al Vesuvio.

Tuttora sono attivi numerosi focolai, in particolare a Messina nel rione Sperone e al villaggio di Salici, mentre sul Vesuvio si combatte contro tre roghi a Ottaviano, Ercolano e Torre del Greco. In Calabria la situazione è altrettanto drammatica, con un incendio che è divampato stamattina sulla zona collinare nord di Reggio Calabria. Mobilitati canadair ed elicotteri, oltre a centinaia di vigili del fuoco per cercare di domare definitivamente le fiamme.

Ma è la situazione di Messina ad essere particolarmente drammatica: la città è circondata dalle fiamme da quattro giorni, molte case (oltre a due facoltà universitarie) sono state fatte evacuare. Il fuoco ha colpito le zone di San Michele, Annunziata e contrada Catanese, sulle colline a nord della città, dove si trovavano ettari di pinete, oramai distrutte. 

Sempre a causa di questi incendi, lunedì è stato necessario chiudere l’autostrada A-18 Messina – Catania, dato che il fumo aveva già causato un incidente e rendeva pericolosa la circolazione sull’arteria. La Coldiretti Sicilia parla di oltre duemila ettari andati in fumo, danno che peserà già con le prime piogge. Infatti, in un territorio già flagellato dal dissesto idrogeologico, dopo una simile distruzione basteranno poche gocce di pioggia perché la montagna frani.

L’unica certezza che emerge, in queste ore, è che gli incendi siano dolosi. Per una volta, nessuno ha parlato di possibile autocombustione. Anzi, tra gli abitanti della città peloritana è un susseguirsi di ipotesi ed accuse a 360 gradi. Chi incolpa i pastori, perché con le prime piogge spunterà l’erba nuova per gli animali; chi invece punta il dito contro le società esterne che gestiscono le flotte aeree antincendio noleggiate dalle regioni (i canadair sono fuori da questo circuito, in quanto di proprietà del corpo dei Vigili del Fuoco); chi, ancora, parla di criminali tout court, pazzi scatenati con la benzina in una mano e l’accendino nell’altra che appiccano il fuoco per il puro piacere di farlo.

Quanto vi è di vero in queste ipotesi suddette? Sulla prima, riguardante i pastori, il fondo di verità c’è: numerose inchieste, oltre a varie denunce e segnalazioni della Guardia Forestale e dei Carabinieri, hanno documentato come il fenomeno sia autentico e molto diffuso, soprattutto in Calabria e Sicilia. Un’attività economica di tipo meramente predatorio, che devasta il territorio lasciandolo in balia delle frane.

Meno fondate restano invece le altre ipotesi suddette: ad intervenire sono stati i canadair, di proprietà dello stato e gestiti dal Corpo Nazionale dei Vigli del Fuoco, mentre gli elicotteri sono quelli della Protezione Civile, o della Marina Militare o della Forestale (ormai passati anch’essi al Corpo dei Vigili del Fuoco). Quanto detto è stato vero in passato (come raccontato da L’Espresso già nel 2013), e potrebbe potenzialmente accadere in caso si noleggiassero elicotteri per lo spegnimento dei roghi da società private anziché utilizzare i canadair, ma nel caso di specie ne mancano i presupposti. Mentre invece, per quanto riguarda il piromane folle, ci si può mettere l’anima in pace: una persona del genere non esiste, e ove esistesse, sarebbe responsabile di una modesta quantità di incendi, non certo di tutti quelli che ogni anno consumano i boschi della Penisola.

Un’ultima nota a margine: la storia, raccapricciante, dei gatti dati alle fiamme vivi e liberati nei boschi intorno al Vesuvio per propagare il fuoco si è rivelata una bufala. La Forestale, contattata dal Corriere della Sera, ha seccamente smentito questa ipotesi.

Intanto, oggi la procura di Messina ha deciso di aprire un’inchiesta contro ignoti per gli incendi divampati negli ultimi giorni. Un nuovo capitolo nella lotta contro il fuoco si apre, sperando che stavolta si arrivi a qualche risultato concreto.

Lorenzo Spizzirri