Di lei si sa, quello che si vede dai suoi film. Oggi nessuna intervista, ma Monica Vitti, resta l’eterna ragazza del cinema. Dall’età indefinibile, e nessuna ruga a cambiarle fisionomia. La sua voce, vince su tutte; quasi roca, dal tono che la rende riconoscibile ancor prima di vederla. Con quell’inflessione, capace di esprimere tormento quanto sincerità. Musa di Michelangelo Antonioni e della sua incomunicabilità. Legata al regista anche sentimentalmente, lavorò nei suoi film “L’avventura“, “La notte“, “L’eclisse” con Alain Delon e “Deserto rosso“.
Film, quest’ultimo, girato anche in Sardegna. Dove, tra mirto odoroso, di selvaggia natura, i due visionari Vitti e Antonioni, fecero costruire due case affiancate. Nei primi anni ’60, in una terra incontaminata ancora per poco, l’Aga Khan era già arrivato in Costa Smeralda, un luogo dove discussioni e silenzi si consumavano lontano dai riflettori. Dove “la notte, l’eclisse e l’avventura” potessero proseguire all’infinito. Celebre e discussa, la sua battuta da copione “mi fanno male i capelli“. Che, sembra così spontanea da appartenerle; lei che lasciava il suo riserbo in nome della comicità, che rendeva le angustie divertenti e recitava con un’ingenuità senza malizia.
La dolce Vitti
Amata perché non bella per forza, non esageratamente attaccata all’avvenenza. Ma capace, di inattesa bravura, ad interpretare ruoli comici. Come la parodia al femminile del personaggio di James Bond, per la regia di Joseph Losey in Modesty Blaise. E, Mario Monicelli fu l’altro importante Pigmalione della sua comicità: coprendo i suoi riccioli biondi di una parrucca nero corvino, con accento siciliano per pronuncia, le scritturò il ruolo de “La ragazza con la pistola“.
Monica Vitti e la sua forza d’animo, l’aspetto quasi monacale da cui bisogna saper cogliere la conturbante bellezza. Lei, al fianco di Mastroianni in “Dramma della gelosia” di Scola, nel ruolo di una fioraia che s’innamora perdutamente, per poi folgorarsi di un pizzaiolo. Con Sordi in “Polvere di stelle“, diretto da lui stesso, in un un’indimenticabile siparietto. La storia del cinema che passa tra le note di un cabaret, dell’avanspettacolo, tra il celeberrimo frutto divenuto lasciapassare: “Ma ‘ndo vai se non ce l’hai?”.
I film spettacolo della Vitti
In “Tango della gelosia” di Steno, “Noi donne siam fatte così” di Dino Risi. “Amore mio aiutami” con la regia di Sordi e la colonna sonora, favolosa, di Piero Piccioni. Una scommessa: ascoltata vi farà sognare. Famosa la scena in cui Sordi perde la pazienza e si avventa contro la Vitti, che fu girata sulla spiaggia di Sabaudia, a Latina. A prendere le botte, fu la giovanissima comparsa Fiorella Mannoia. Che racconta: “Il massimo che poteva capitare era perdere l’equilibrio per una spinta. Però Monica era abbastanza fifona, aveva paura di guidare, di andare in moto, di cadere..” Dramma, ironia, metafora, tutto in questi film. Soprattutto l’ideale dell’amore, le emozioni e l’umorismo dell’interprete.
Lei, angelo biondo, che sa recitare il dramma e la commedia, che ti parla d’amore e di dolore. Di lacerazioni struggenti strappando un sorriso. In un’impresa non facile, che autorizza, forse per la prima volta, ad un paragone con Anna Magnani. Leone d’Oro alla carriera, a Venezia nel ’95. Per Monica Vitti il cinema era come “cercare di continuare a giocare, di riconquistare la vita tutti i giorni”. Un mestiere iniziato a 15 anni, e la passione ancor prima. Quando, durante la guerra, per distrarre i fratelli da quella tragedia, giocava con i burattini. E il suo talento affinato dall’Accademia d’Arte Drammatica. Dolcezza, inquietudine e caparbia rivendicazione del proprio essere fuori norma, orgogliosamente portate sulla scena.
Monica, ridere e piangere insieme
Per molti anni, abitò in zona Fleming a Roma. Un appartamento un piano sopra quello di Antonioni. A dividerli una botola. Che univa i due mondi comunicanti, con una scala a chiocciola. Un quartiere, forse, freddo e arido, che si scontrava con la sua vitalità. Tanti cani a passeggio, tra la riservatezza, a volte indifferenza, dei loro proprietari. Dove l’amicizia è un privilegio, come l’esclusività e il benessere che ti circondano. Lasciò questa abitazione, dopo un devastante incendio, per andare a vivere con il regista Roberto Russo a piazza del Popolo.
Monica, sempre bionda, con occhi profondi. Non ha vinto chi voleva cambiarle il naso. Qualche volta un po’ truccata, e con la sua miopia dichiarata, dagli occhiali fieramente esibiti. Ormai parte del suo volto, che la rendono più umana, terrena.”Sono abituata a vivere con poco. Non guido la macchina, non amo i gioielli, porto un paio di scarpe sinché non cadono a pezzi, mi vesto così come viene“. L’amica di sempre con cui conversare senza imbarazzo, perché in ogni caso, ci sarà una risposta sincera. La spalla di Alberto Sordi, fidato confidente, come due anime che si sono sorrette l’un l’altra. Anche nella vita.
Monica Vitti, la vera mattatrice
Al cinema è stata, da sempre, la migliore interpretazione di ciò che è stata chiamata a fare. Adesso, anche se tutto sembra avvolto nella solitudine, “nell’incomunicabilità” di una malattia, Monica Vitti, non sarà mai dimenticata dal pubblico. Perché se ti accade, di poter essere felice, davanti lo schermo dopo un film, non dimenticherai tanto in fretta, l’interprete di quello stato d’animo.
Marisa Luisa Ceciarelli, alla anagrafe, ci ha fatto sognare. E, per dirlo con una famosa battuta del suo film, “Quante lacrime, quanta felicità! Avete mai amato? Avete mai sofferto per amore? No? E allora che state a guarda’?“.
Federica De Candia. Seguici su MMI e Metropolitan cinema.