Al centro delle polemiche, c’è di nuovo Netflix, dopo l’annuncio della trasformazione in una serie antologica di Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer. L’accusa sarebbe quella secondo cui Netflix: “tratta i serial killer come se fossero gli Avengers“.
La serie però non si ferma qui. Netflix, gettando altra benzina sul fuoco, ha annunciato che la sua serie, incentrata su Jeffrey Dahmer, seguirà con altre due stagioni. Ci saranno approfondimenti sulle vite e i crimini di altri famigerati serial killer. Al centro della serie uscita il 21 settembre: Dahmer – Mostro: La storia di Jeffrey Dahmer, i crimini del Mostro di Milwaukee, colpevole di aver ucciso 17 uomini e ragazzi prevalentemente neri tra il 1978 e il 1991.
La serie Netflix: Dahmer-Mostro, tocca ferite ancora aperte
La serie di immenso successo per Netflix, con oltre 196 milioni di visualizzazioni nella settimana di debutto, è attualmente il secondo programma televisivo in lingua inglese più visto dello streamer dopo Stranger Things. Interpretata da Evan Peters e creata da Ryan Murphy e Ian Brennan, la serie è composta da 10 episodi. Tocca ferite ancora aperte, che hanno facilmente sollevato polemiche da parte delle famiglie vittime del mostro. Le famiglie delle vittime negano di essere state contattate prima dell’uscita della serie.
A respingere le accuse: Ryan Murphy. Durante un’intervista al New York Times, ha dichiarato di aver realizzato la serie perché la storia “esamina quanto sia facile farla franca grazie al privilegio di essere bianco“. Prima di occuparsi della materia, lo sceneggiatore ha spiegato di aver fatto tre anni di ricerche:
“È qualcosa che abbiamo studiato per molto tempo. E non una sola persona ci ha risposto in quella fase. Quindi abbiamo fatto molto, molto affidamento sul nostro incredibile gruppo di ricercatori che… non so nemmeno come abbiano trovato molte di queste informazioni“.
L’annuncio di altre due future stagioni, ha suscitato rapidamente accese reazioni sui social media. Molti spettatori hanno condannato la “commercializzazione di assassini“ in nome dell’intrattenimento. C’è stato anche chi ha accusato Netflix di voler realizzare un “serial killer cinematic universe“ trattando gli assassini alla stregua degli Avengers.
Le scene raccapriccianti di Dahmer-Mostro
I fatti narrati sono tra i più orribili mai accaduti nella storia recente. Jeffrey Dahmenr, è un serial killer che oltre ad aver ucciso 17 ragazzi, ha compiuto sulle vittime atti di violenza sessuale, necrofilia, cannibalismo e squartamento. La serie infatti è classificata anche come “horror”.
Nella serie di dieci episodi, lo si vede, per esempio, fare autoerotismo ricordando animali sventrati, friggere con solennità un rene umano. Nella sua casa, “museo degli orrori”, conservava una testa mozzata in frigo, un paio di genitali in freezer, cinque crani disseminati per casa, uno scheletro sbiancato nel comò. Scene raccapriccianti anche per gli appassionati di true crime. Un infinito dibattito si è perto sul perché la serie piace, nonostante tutto. La serie è fatta bene, c’è il fascino del male. L’attore protagonista è agghiacciante ma intriga, e poi si indugia molto (moltissimo) sui rivolti psicologici di tanto orrore.
Per la serie Dahmer-Mostro: accuse di razzismo, omofobia e strumentalizzazione del dolore
A farsi notare sono soprattutto le polemiche. La prima accusa piombata a Dahmer è quella di razzismo. Il serial killer ha potuto agire indisturbato per tredici anni, sostanzialmente perché la Polizia ha ignorato denunce e allarmi dei vicini di casa, tutti di pelle nera. Cosa che delinea il senso di superiorità, inespresso ma evidente nell’atteggiamento della Polizia “bianca”verso i “black o brown”. L’allora procuratore distrettuale di Milwaukee, dove è avvenuta gran parte degli omicidi, Michael McCann s’è quindi sentito in dovere di precisare, in un’intervista a Tmz, che gli agenti della Polizia non avrebbero mai chiuso un occhio sulle vittime di Dahmer a causa della loro razza o orientamento sessuale. A rimarcare però l’atteggiamento razzista, è stata la coordinatrice di produzione Kim Alsup che, in un’intervista ha detto di essere stata «trattata in modo orribile» sul set.
L’altra accusa è quella di omofobia. Il serial killer infatti era gay. Netflix, tra i tag della serie, aveva inserito Lgbtq+, per rimarcare l’omosessualità di Dahmer. La comunità Lgbtq è insorta chiedendo di eliminare il tag. Netflix poco dopo lo ha fatto. Ci sono poi i parenti delle vittime, che contestano l’eccessiva strumentalizzazione del dolore. Durante il processo al serial killer, venne chiamata a testimoniare Rita Isabell, sorella di una delle vittime: Errol Lindsey. Ucciso a soli 19 anni. Eric Perry, cugino di Errol, ha postato la testimonianza reale di Isabell, confrontandola con quella ricreata da Netflix, scrivendo:
«Abbiamo ancora bisogno di questi film/show/documentari? Non sta a me dirvi cosa guardare, i true crime vanno molto, ma se siete davvero curiosi di apprendere il punto di vista delle vittime sappiate che la mia famiglia è molto arrabbiata per questa serie: c’era bisogno di traumatizzare ancora e ancora, e poi per cosa? Davvero Netflix ha amplificato il ruolo di Dahmer, Stiamo assistendo alla spettacolarizzazione di un evento traumatico che ha cambiato le nostre vita. Serve più rispetto».
Mariapaola Trombetta
Seguici su Google News