Oggi nasceva la donna pioniera della performing art: Marina Abramović

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Di Redazione Metropolitan

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Marina Abramović- Photo Credit: Web

Marina Abramović: uno sguardo glaciale e al contempo seducente, ha utilizzato il suo fisico come veicolo per trasmettere emozioni. Una donna che, con il suo lavoro, ha reso tangibili i limiti del corpo e mostrato le infinte possibilità della mente. L’artista serba naturalizzata statunitense compie 74 anni e noi vogliamo renderle omaggio ripercorrendo alcune delle sue opere.

Marina Abramović e l’indagine empirica sulla mente umana

Nasce a Belgrado e fin dall’inizio della sua carriera, nei primi anni settanta in Jugoslavia, con le sue opere ha smosso le coscienze. Ha promosso e ideato possibilità di sviluppo totalmente nuove per la performing art. Durante la sua carriera Marina Abramović ha esplorato i limiti del suo corpo, gestito il dolore, la stanchezza e il pericolo. Ha fatto del suo corpo un simbolo e lo ha usato per valicarne i limiti.

Marina Abramović in “Rhythm”

Tra le opere più celebri di Marina Abramović c’è la serie di performance dal titolo Rhythm o la serie Freeing The Body, Freeing The Memory, Freeing The Voice, messe in atto negli anni Settanta. In particolare la serie Rhythm colpì per le violenze che l’artista infliggeva a sé stessa per portare il suo corpo all’estremo limite fisico. Emblematico è il caso della performance Rhythm 5 (1975) durante la quale la Abramović rischiò la vita. L’artista si era distesa al centro di una stella a cinque punte in legno, posizionata al centro di una stanza, che venne poi data alle fiamme. In quella prigione di fuoco però l’aria diventò presto irrespirabile, tanto che la Abramovic perse i sensi. Per fortuna gli astanti si accorsero del problema e soccorsero l’artista per tirarla via da quella trappola mortale.

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Marina Abramović, Rhythm- Belgrado- Photo Credit: web

Rythm 0

Ancor più scalpore destò però la performance Rythm 0, tenutasi a Napoli nel 1974. In quel caso l’artista si alzò in piedi al centro di una stanza in cui erano presenti vari oggetti contundenti: coltelli, piume, corde, forbici e addirittura una pistola. L’artista spiegò agli spettatori che, per sei ore, sarebbe rimasta immobile e ognuno avrebbe potuto fare di lei ciò che desiderava. Impunemente. Inizialmente gli spettatori si mostrarono titubanti, qualche ora dopo però iniziarono ad accanirsi sull’artista, in modo violento e incontrollato: le tagliarono i vestiti, le tagliuzzarono la pelle con una lametta, fino a puntarle contro la pistola. A quel punto altri spettatori intervennero e nacque un’accesa discussione che rischiò di sfociare in una rissa. Obiettivo della performance era mostrare il peggio degli esseri umani che, se sicuri dell’impunità, rischiano di dare sfogo alle peggiori fantasie sadiche. L’opera della Abramović però si concludeva con una flebile speranza.

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Imponderabilia-Photo Credit: Web

Marina Abramović e Ulay

Visionaria, testarda e spericolata Marina Abramović ha amato follemente. Ha incontrato il performer tedesco Ulay con il quale, da subito, nacque un connubio sentimentale e artistico che ha condotto alla creazione di performance crude ed emozionanti. Si ricordi Imponderabilia nel 1977 a Bologna, performance in cui i due artisti completamente nudi si posero,in uno stretto corridoio, uno davanti all’altro con lo sguardo fisso occhi negli occhi. I passanti erano posti dinnanzi alla scelta, spesso inconscia, se dare le spalle all’una o all’altro. La performance doveva durare tre ore, fu interrotta alla seconda ora da due poliziotti perché ritenuta oscena.

L’addio tra Marina e Ulay

Si vocifera che a causa dei ripetuti tradimenti di Ulay, Marina Abramovic, decise di porre fine alla relazione con l’unico amore della sua vita e lo fece in modo spettacolare. I due performer si recarono agli estremi opposti della Muraglia Cinese, percorsero circa 2500 chilometri e si incontrarono a metà strada per abbracciarsi e dirsi addio. La performance è chiamata The Lovers ed è datata 1988.

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The Lovers- Photo Credit: Web

Balkan Baroque

L’opera è stata presentata alla Biennale di Venezia nel 1997. In questa performance l’artista è seduta in una cantina piena di ossa bovine insanguinate e maleodoranti, che lei pulisce incessantemente per giorni dal sangue e dai vermi, cantando litanie e lamenti. L’opera faceva esplicito riferimento agli orrori perpetuati nella guerra dei Balcani -all’epoca in corso- e venne premiata con il Leone D’Oro.

The artist is Present, Moma di New York 2010

Marina Abramović, durante la nota performance, era avvolta in un vestito rosso ed ampio era seduta immobile di fronte ad un tavolo. All’estremità opposta vi era una sedia vuota. Su quella sedia poteva sedersi chiunque per fissarla negli occhi. Si sedettero circa 750 persone e lei rimase con lo sguardo fisso, imperscrutabile e profondo al contempo, finché non accadde l’inaspettato. Davanti a lei un uomo con capelli e barba bianchi, dopo un primo momento di esitazione lei con gli occhi pieni di lacrime gli strinse le mani: era Ulay ventitrè anni dopo il loro addio sulla Muraglia Cinese. Dovendo disilludere gli animi più romantici, Marina e Ulay non tornarono mai insieme.

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Marina Abramović e Ulay, The artist is Present-Photo Credit: Web

Metodo Abramović

Il “Metodo Abramović” nasce da una riflessione che l’artista ha sviluppato partendo dalle sue ultime tre performance: esperienze che hanno segnato profondamente il suo modo di percepire il proprio lavoro in rapporto al pubblico. Il pubblico, guidato e motivato dall’artista, è invitato a vivere e sperimentare le sue “installazioni interattive”. Le opere con cui il pubblico può interagire rimanendo in piedi, seduto o sdraiato, sono realizzate con minerali e legno. L’esperienza è fatta di buio e luce, assenza e presenza, percezioni spazio-temporali alterate. La performance consiste nell’entrare nel mondo del silenzio, lontani dai rumori, rimanere soli con se stessi e allontanarsi per poche ore dalla realtà.

GrandMother Of Performance

L’artista ha fondato, inoltre, il Marina Abramović Institute (MAI), una piattaforma per il lavoro immateriale e di lunga durata per creare nuove possibilità di collaborazione tra pensatori di tutti i campi. Nel 2021 presenterà la mostra personale After Life alla Royal Academy, e diventerà la prima artista donna nei 250 anni di storia dell’istituzione a occupare con il suo lavoro l’intero spazio della galleria. Ma non finisce qui, Marina Abramović, ha già ideato anche la performance che vedrà la luce il giorno del suo funerale: GrandMother Of Performance. Quel giorno ci saranno tre bare, ognuna delle quali verrà inviata in una delle tre città che hanno segnato la vita dell’artista: Belgrado, Amsterdam, New York. Solo una conterrà il corpo dell’artista, ma nessuno saprà quale.

Una mente come quella di Marina Abramović non può che lasciare il segno, piacciano o no le sue performance sono capaci di smuovere l’animo di chi le osserva anche solo in video o in foto. Esempio vivente di donna che ha saputo trascendere i suoi limiti, esempio di donna che ha fatto della sua vita un simbolo al servizio dell’indagine intorno all’elemento che cela più misteri di tutti: la mente umana. Auguri Marina Abramović: grande arista dentro una grande donna.

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