Omicidio Alvise di Robilant, cercasi colpevole

Immagine Alvise di Robilant   photo credit:vanillamagazine.it
Immagine Alvise di Robilant photo credit:vanillamagazine.it

Inizia oggi l’appuntamento di Metropolitan Magazine con la nuova rubrica “Cronache del mistero”. Omicidi mai risolti, vittime senza giustizia, indagini lacunose, sospettati ed errori giudiziari. Ci muoveremo tra i dubbi e le domande dei casi di omicidio che compongono una lunghissima lista, ancora oggi di “casi irrisolti” partendo dall’omicidio di Alvise di Robilant.

L’omicidio

Firenze, 15 gennaio 1997, erano circa le 20 e fuori il freddo comincia a diventare pungente. Le strade erano quasi deserte, come pure Via della Vigna Nuova. Al nr 18, c’è palazzo Rucellai e al terzo piano c’era il conte Alvise Nicolis di Robilant. L’uomo 72 anni, in quell’appartamento viveva solo da anni, dopo il divorzio da Elisabeth Stoke Dean, dalla quale ebbe 3 figli. Alvise di nobili estrazioni è sempre stato un uomo di cultura e profondo conoscitore e amante dell’arte, tanto da farne una professione. Infatti Alvise di Robilant fu tra gli anni ’70 e ’80, direttore di Sotheby’s, la famosa casa d’aste inglese con sede anche a Firenze.

Dopo aver lasciato quell’incarico e nonostante l’età matura continuò ad occuparsi di valutazioni e mediazioni di compravendita di oggetti di grande valore. Ma il conte aveva anche altre passioni tra cui la musica. In casa infatti aveva un pianoforte e spesso si cimentava in esecuzioni pregevoli, dilettando i suoi vicini. Suonò anche il 15 gennaio, ma le note provenienti dal suo appartamento in quell’occasione, tutto potevano far pensare ma non certo che a suonare il pianoforte quella sera, fosse una persona esperta come lui .

Immagine di Alvise di Robilant   photo credit : pressreader.com
Immagine di Alvise di Robilant photo credit : pressreader.com

Il ritrovamento del corpo di Alvise di Robilant

Il giorno successivo intorno alle 16.30 la portiera Rosa Ingrisei salì al terzo piano per fare le consuete pulizie. Suonò al campanello, notando subito dopo che la porta era già aperta. Entrò chiamando più volte l’uomo, senza mai però avere risposta. Arrivata in salotto vide il conte in terra, sdraiato ai piedi del divano, col corpo parzialmente coperto da una trapunta azzurra. Al lato vicino alla testa di Alvise, una grande chiazza di sangue, in parte già rappreso, macchiava il tappeto, e tutto intorno numerosi schizzi imbrattavano le pareti. Arrivati i carabinieri cominciarono la delicata fase di raccolta degli indizi. La scena era raccapricciante. La vittima presentava numerosi colpi alla testa, probabilmente inferti con una spranga. Da un attento primo esame gli inquirenti stabilirono che non c’erano motivi per supporre un tentativo di difesa da parte del conte.

Questa tesi venne avvalorata anche dal fatto che né la porta né le finestre presentavano segni di scasso. Evidentemente il conte conosceva la persona che aveva fatto entrare in casa. Durante i rilevamenti, i carabinieri trovarono un assegno da 1.400.000 lire e varie carte di credito lasciate in bella mostra, poi ancora un computer portatile, con lo schermo rotto. Questi aspetti fecero quasi da subito escludere agli inquirenti il tentativo di furto finito male. Particolare curioso però fu che sul letto della camera del conte Alvise, ci fosse un dipinto risalente XVII secolo raffigurante San Girolamo, la cui tela era sfregiata da un largo taglio nella parte centrale . Dopo poco un altro particolare colse l’attenzione degli inquirenti. Sulla tenda della camera trovarono un’impronta insanguinata di 4 dita. Questa prova, sembra incredibile, ma col tempo non portò a nulla. Il caso diventava sempre più avvolto nel mistero. L’omicidio di Alvise di Robilant finì sulle prime pagine della cronaca nera.

Immagine del conte Alvise di Robilant durante una cena  photo credit:cronacaquì.it
Immagine del conte Alvise di Robilant durante una cena photo credit:cronacaquì.it

Le indagini e i sospettati

Intanto alcuni testimoni di Palazzo Rucellai dichiararono di aver sentito chiaramente la musica provenire dalla casa del conte anche quella sera. La cosa strana fu che a giudizio di tutti il pianoforte quella volta fu suonato in modo orrendo. L’attenzione dei carabinieri a quel punto si concentrò sul pianoforte ma ciò che scoprirono li lasciò spaesati. Infatti i tasti risultarono accuratamente puliti tanto da non lasciare alcun’impronta. Col tempo le indagini si focalizzarono nell’ambiente lavorativo di Alvise di Robilant. Non vennero trovati appigli e la pista venne abbondonata. Infatti secondo le testimonianze di alcuni antiquari fiorentini, da tempo il conte era fuori dai cosiddetti “grossi affari”.

Iniziarono così fiumi di interrogatori agli amici, ai parenti, ai figli, alla ex moglie del conte. Niente però fece luce sul caso. Quindi i carabinieri vagliarono l’ipotesi della vendetta di un amante. Anche questa pista però venne quasi subito scartata poiché dall’autopsia eseguita sul corpo del conte Alvise di Robilant emerse un particolare determinante. La violenza dei colpi sferrati, infatti in alcun modo poteva essere opera di una donna. A quel punto non rimase che una pista da seguire, quella dell’omosessualità. Questa, se pur in contraddizione con numerose storie del conte con svariate donne, trovò credito con alcuni particolari indizi. Sembrerebbe infatti che sul corpo del conte vennero ritrovate tracce organiche maschili e che al momento del ritrovamento Alvise di Robilant indossasse una vestaglia dal taglio femminile. Dopo 23 anni, l’omicidio del conte Alvise di Robilant è ancora un mistero, entrando così tra i più noti “casi irrisolti”.

di Loretta Meloni

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