Si inizia parlando d’amore. Con il pensiero di Ovidio (43 a.C.-18 d.C.), il praeceptor amoris per eccellenza originario di Sulmona, che per la sua Ars Amatoria (e probabilmente anche per il coinvolgimento in qualche scandalo) fu condannato da Augusto all’esilio nella lontana Tomi, dove rimase per dieci lunghi anni, senza mai ottenere la remissione della pena fino alla morte.
Ovidio: «Sic ego nec sine te nec tecum vivere possum»
Arrivato a Roma a soli 12 anni, Ovidio viaggiò molto in gioventù, tra Grecia, Asia Minore ed Egitto. Entro i parametri dell’elegia, nelle schiere del mecenate Messalla Corvino, Ovidio apre la sua carriera con gli Amores. Non è una novità, nella letteratura, che un poeta decida di dedicare ben cinquanta carmi alla passione per una donna! La musa di Ovidio in questo caso si chiama Corinna (pseudonimo ovviamente), ma risulta irrilevante perché Ovidio non si preoccupò mai di ammettere d’innamorarsi spesso e volentieri, nonché di essersi trovato persino ad amare due donne contemporaneamente senza saper scegliere: un vero Don Giovanni ante litteram, conscio della propria inaffidabilità e innamorato dell’amore. La prova è che si sposò per ben tre volte, e dai suoi versi capiamo che non simpatizzava per il matrimonio. Negli Amores c’è tutto: la gelosia, lo struggimento, il dilemma già catulliano dell’odi et amo. Ovidio parla di militia amoris: combattere e amare sono azioni affini e l’amante è soldato in missione.
Lottano tra loro e tirano il mio debole cuore in opposte direzioni l’amore e l’odio, ma (penso) vince l’amore. Ti odierò, se potrò, altrimenti ti amerò mio malgrado: anche il toro non ama il giogo, eppure porta il giogo che odia. Fuggo dalla tua infedeltà, ma mi riporta indietro la tua bellezza.; detesto la tua condotta colpevole ma amo il tuo corpo. Così non riesco a vivere con te né senza di te, e mi sembra di non sapere cosa voglio davvero.
– Ovidio, Amores, III, 11, vv. 33-40 nella traduzione di A. Della Casa
Nell’opera successiva, Ovidio rincara la dose. Cosa sono le Heroides? Lettere d’amore (in distici elegiaci) che si immaginano scritte dalle eroine mitologiche ai loro amanti. Ovidio si diverte a rivisitare i miti, ma non solo. Immaginate cosa avrebbe detto Didone a Enea dopo essere stata sedotta e abbandonata su un’isola. O Medea a Giasone che l’ha tradita, o ancora Penelope a Ulisse lontano per decenni. Ecco, Ovidio ha avuto questa geniale idea di presentare le vicende classiche dal punto di vista femminile, di narrare amori immensi con fine tragica, un po’ come quello che sarà cantato secoli dopo da Shakespeare con Romeo e Giulietta, se proviamo a immaginare che sia Giulietta a raccontarci come sono andate le cose dal suo punto di vista.
Ars Amatoria: arte di amare o arte d’ingannare?
Se c’è tra voi chi non conosca ancora
– Ovidio, incipit dell’Ars Amatoria nella traduzione di Ettore Barelli
l’arte d’amare, legga il mio poema
e fatto esperto colga nuovi amori!
Dopo tutto questo pàthos, Ovidio decide di entrare in una concezione più ludica del sentimento e quindi di suggerire regole e trucchetti per vincere questo gioco chiamato amore. E secondo Ovidio, amare è addirittura un’arte. Così nasce l’Ars Amatoria, in tre libri in cui Ovidio illustra le tecniche di conquista e corteggiamento, inventa un galateo femminile tutto suo ed esplica consigli su come far durare una relazione. Qui c’è tutto il cinismo di Ovidio, sempre ironico e irriverente, in una visione totalmente disincantata dell’amore che si riduce a un gioco di continui calcoli e raggiri dove uomo e donna sono a fasi alterne preda e cacciatore.
Vi è mancata l’arte; con l’arte si fa durare l’amore.
– Ovidio, Ars Amatoria, III, v. 41 nella traduzione di A. Della Casa
Chiaramente Ovidio finì in esilio, perciò cercò in tutti i modi di ingraziarsi il perdono di Augusto. Decise perciò di cimentarsi in un’opera erudita di gusto alessandrino, i Fasti, in cui seguendo i giorni del calendario giuliano si sofferma sulle varie festività e ricorrenze, raccontando aneddoti della storia di Roma, riti e tradizioni popolari intrecciate a nozioni di astronomia. Più sofferenti, invece, sono le Epistulae ex Ponto, una serie di lettere in cui Ovidio cerca (senza successo) di trovare un intercessore che possa aiutarlo a tornare a Roma. Il motivo di tale accanimento contro di lui? Quando Ovidio fu esiliato, l’Ars Amatoria era già in circolazione da tre anni! La malizia dell’opera fu dunque probabilmente un pretesto: si ritiene che Ovidio si sia trovato coinvolto nello spinoso adulterio della nipote di Augusto.
Le Metamorfosi, lo “spettacolo delle apparenze”
Come afferma Calvino, per Ovidio «tutto può trasformarsi in nuove forme». L’opera più rinomata di Ovidio è costituita infatti dalle Metamorfosi, poema epico-mitologico in 15 libri. Più di 250 miti del mondo greco e romano, collegati dall’intento ovidiano di raccontare la storia del mondo (a partire dal Caos primordiale) tramite le trasformazioni degli esseri umani in altre forme. Storie di amori tra mortali e immortali, di duelli e di personalità che hanno osato sfidare gli dei con tracotanza, tutte mosse da quelle che il mondo antico considerava le cinque forze motrici: l’ira, l’amore, l’invidia, la paura e la sete di conoscenza. Nell’universo «tutto muta, nulla perisce», nella continua metamorfosi di un ciclo che trasforma, modella e ricrea senza sosta.
Canto le forme dei corpi che presero nuova figura.
Numi, poiché voi mutaste anche quelle, ispiratemi il canto,
e dall’origine prima del mondo remoto ai miei tempi
del mio poema continuo voi intessete la trama– Ovidio, incipit de Le Metamorfosi nella traduzione di Ferruccio Bernini
Le Metamorfosi hanno un’eco fortissima nell’arte di ogni tempo, e Ovidio, noto nel periodo medievale come “chierico d’amore”, seppur collocato da Dante nel primo cerchio infernale (nel Limbo, per la precisione), rimane oggi una delle punte di diamante della gioventù dorata imperiale augustea nonché grande classico senza tempo.
Ginevra Alibrio
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