Coronavirus: l’ozonoterapia al posto della terapia intensiva?

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Di Redazione Metropolitan

Arriva una conferma molto importante, soprattutto per la situazione in Italia della terapia intensiva, completamente piena ed intasata dall’emergenza coronavirus. Un’Ultima scoperta riguarda proprio la proceduta del paziente ricoverato, evitando la terapia intensiva, ma adottando il sistema efficace dell’ozonoterapia.

L’ozonoterapia, affiancata all’assunzione di farmaci antivirali, ha fatto sì che l’infiammazione rallentasse e i danni ai polmoni si riducessero.

Come funziona l’ozonoterapia?

La procedura consiste nell’asportare 200 millilitri di sangue che vengono fatti stare per una decina di minuti a contatto con l’ozono per poi essere iniettati nuovamente nel corpo. Sarebbe quindi stata la forma allotropica dell’ossigeno ad aver fortificato l’organismo nella lotta contro l’infezione.

Chi l’ha scoperto e dove lo stanno testando

Ad aver avuto l’intuizione sono stati gli esperti Amato De Monte e Carlo Tascini, suscitando in breve tempo l’interesse di diversi specialisti di tutta Italia. Grazie ai dati ottenuti, si è potuta fare la richiesta di autorizzazione all’Aifa per avviare uno studio su un tot di pazienti, con l’obiettivo di ottenere un riconoscimento a livello internazionale.

L’ospedale di Udine ha iniziato una sperimentazione dell’ozonoterapia sui pazienti malati di coronavirus riscontrando buoni risultati. Su 36 persone che sono state sottoposte alla procedura, soltanto una è finita in terapia intensiva mentre per gli altri i miglioramenti sono stati sostanziali. Alcuni sono anche già stati dimessi dalla struttura.

Altri ospedali hanno provato a sperimentarla ai parenti in terapia intensiva, mentre a Udine è stato compreso che andava effettuata prima. “Avevamo cominciato da lì anche noi, sbagliando. Ci siamo accorti che a quel punto era troppo tardi per l’importanza dei danni provocati ai polmoni“, ha spiegato De Monte. Hanno così iniziato ad applicarla precocemente a coloro che rischiavano di essere intubati. Dopo sole tre sedute i miglioramenti sono stati “clamorosi, con una decisiva riduzione del bisogno di supporto di ossigeno“.