Milano, pedofilo si finge “Giulia la malvagia”. Condannato a 19 anni

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Di Redazione Metropolitan

Per abusare di tre bambine, l’uomo utilizzava WhatApp, dove si spacciava per “Giulia la malvagia”. Ora è stato condannato a 19 anni.

PhotoCredit: dal web

Il pedofilo che si faceva chiamare “Giulia la malvagia”

Così si faceva chiamare su WhatApp: “Giulia la malvagia”. Si fingeva un’adolescente spudorata e spietata, ma in realtà era un signore sui 50 anni – incensurato e disoccupato – che voleva irretire ed abusare di tre bambine tra i 10 ed i 13 anni. Da quanto è emerso finora, l’uomo prima le ha adescate ed ha poi iniziato a soggiogarle. Attraverso il profilo falso, pretendeva che le ragazzine facessero ciò che ordinava loro, altrimenti, le minacciava, avrebbe ucciso i genitori. Così, le bambine si vedevano costrette ad assecondare “Giulia”, cioè ad andare dal vicino cinquantenne per soddisfare ogni suo desiderio sessuale. In più, l’uomo aveva installato diverse videocamere in casa, per registrare le violenze; tuttavia, per lui, non era ancora abbastanza: le ragazzine dovevano filmarsi nude ed inviargli i video.

Condannato a 19 anni

L’indagine ha preso forma quando l’uomo – dopo tre anni di abusi – ha commesso uno sbaglio: alcune foto di una delle bambine sono finite su Instagram. Le voci dai compagni di scuola sono giunte alle insegnanti e in un secondo momento alle forze dell’ordine. Ora, i giudici del Tribunale di Lodi, Giuseppe Pighi, Sara Faldini e Ivonne Calderon, hanno deciso: l’imputato trascorrerà in carcere 19 anni – 2 in più rispetto alla richiesta del pm – e dovrà impegnarsi a pagare 100.000 euro di danni alle famiglie parti civili, per tre violenze sessuali su minori, sostituzione di persona e produzione di materiale pedopornografico.

La difesa: “Un pena pesante”

L’avvocato difensore, Lorenzo Tornielli, ha dichiarato: “Questa condanna stupisce, soprattutto perché si tratta di una pena pesante nei confronti di una persona con problemi mentali e totalmente incompatibile con il regime carcerario, che soffre di agorafobia e claustrofobia”. Pertanto, l’intenzione della difesa è quella di fare appello contro la sentenza: se da una parte sostiene sia meritata, dall’altra sostiene anche che “le ragazzine avessero consapevolezza di quanto facevano”. Intanto, non si era mai vista una condanna tanto alta per pedofilia.

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