La situazione ricavata dagli ultimi dati Ocse dimostra come in Italia nei prossimi anni si andrà in pensione sempre più tardi e con assegni sempre più precari. Una situazione drammatica per i giovani danneggiati duramente dalla pandemia a cui lo Stato italiano sta pensando di rispondere con nuovo provvedimento. Si parla in questi giorni di una pensione di garanzia per quanti non dovessero raggiungere con i contributi versati un assegno pensionistico dignitoso.
Pensione, i giovani e la crisi pandemica
Secondo una stima dell’Ocse l’Italia è il paese europeo in cui si andrà in pensione sempre più tardi. Secondo questi dati si passera dai 62 anni necessari per andare in pensione oggi ai 71 anni dei prossimi decenni con assegni sempre più risicati. A pagare il tutto saranno i giovani che sono stati i più danneggiati dalla crisi pandemica. Il Covid infatti ha influito negativamente su i giovani già costretti molto spesso a lavorare in situazioni precarie e poco vantaggiose costringendoli a lavorare meno, a non lavorare affatto o farlo in una situazione ancora più precarizzata dall‘insicurezza sanitaria. Questo inciderà, secondo l’Ocse, insieme all‘invecchiamento della popolazione sulle pensioni dei giovani ritardandole ulteriormente.
La pensione di garanzia
Date la carriere discontinue e frammentarie di molti giovani lavoratori si stima che in futuro molti di essi rischino di ritrovarsi con assegni pensionistici non dignitosi. Il provvedimento messo in campo dallo Stato per evitare questo potrebbe essere quello della pensione di garanzia con una somma pari a 1000 euro lordi al mese versati al raggiungimento dei 65 anni di età con 40 anni di lavoro. Nel computo di questi anni saranno compresi anche quelli con buchi contributivi. Un vantaggio che consentirebbe allo Stato di intervenire dopo e non tappare immediatamente i buchi contributivi dei precari ora
Una misura che sarebbe destinata, spiega Michele Reitano, professore di Politica economica alla Sapienza di Roma, “a quelli effettivamente con problemi di inadeguatezza della pensione; non riguarderebbe infatti coloro, che dopo anni di precariato, hanno fatto una carriera stabile. Infine incentiva ad impegnarsi a lavorare, dato che la garanzia cresce con l’attività o l’età di ritiro”.
Stefano Delle Cave
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