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Pensioni: una nuova riforma e la scadenza della “Quota 100”

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Novità per le pensioni. Con l’avvicinarsi della scadenza di “Quota 100“, introdotta nel 2019, si fanno i conti con la nuova legge di Bilancio 2022 e la possibilità di ampliamento dell’Ape sociale.

Pensioni: le possibilità e la Legge di Bilancio

Scattano le lancette dell’orologio per le pensioni: una nuova Legge di Bilancio potrebbe allargare la platea dell’Ape sociale, un anticipo che permette di lasciare il lavoro a 63 anni. La Lega e i sindacati puntano a maggior flessibilità con la cosiddetta “Quota 41“, la possibilità di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, oppure con pensioni a 62/63 anni.

Come riporta il corriere.it, le possibilità sono tante, ma rimane il problema dei costi. La spesa delle pensioni potrebbe condizionare gli aiuti da parte dell’Unione Europea. La presentazione del testo della legge di Bilancio è attesa per il mese di novembre.

“Quota 100”

Entrata il vigore nel 2019 (legge n-26/2019), la misura permette di andare in pensione a 62 anni con minimo 38 anni di contributi e si aggiunge alla pensione anticipata o quella di vecchiaia previste dalla Legge Fornero. La misura è valida per chi matura i requisiti entro il 31 dicembre 2021.

Ne hanno diritto i lavoratori, dipendenti o autonomi, compresi gli iscritti alla Gestione separata Inps. Personale delle Forze armate, della Polizia e della Polizia Penitenziaria, Vigili del fuoco e Guardia di finanzia non ne hanno diritto. Per loro è prevista una specifica normativa del 1997.

Con “Quota 100” è stato ripristinato il divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione, così da favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. È ammesso il cumulo con redditi di lavoro autonomo fino ai 5mila euro lordi l’anno. Se si superano i 5mila euro lordi l’anno scatta la sospensione dell’erogazione del trattamento pensionistico per quell’anno. Eventualmente anche il recupero delle rate indebitamente corrisposte. I dati rivelano richieste inferiori alle aspettative. L’Inps parla di 180mila richieste, a cui si devono aggiungere 20mila ritardatari, per un totale di 200mila richieste. Prima della pandemia, i vari partiti avevano già iniziato a discutere sulle alternative a “Quota 100”. La Lega e i sindacati vogliono estendere a tutti “Quota 41“, oggi destinata a poche fasce di lavoratori. I requisiti per accedervi sono: 12 anni di contributi prima del compimento di 19 anni di età, almeno 41 anni di contributi e appartenenza a categorie tutelate (disoccupati, invalidi, caregiver, lavori usuranti, lavori gravosi).

Vi si accede quindi indipendentemente dall’età. I sindacati vogliono estendere la possibilità anche ai soggetti fragili (immunodepressi, diabetici, cardiopatici o in attesa di trapianto). Sono compresi i soggetti giudicati non idonei al lavoro e chi lavora in settori ad alto rischio contagio (sanità e trasporti).

Le due quote: la proposta di Tridico

Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, ha invitato a ragionare sulla possibilità di una pensione a due quote. Una quota contributiva, legata al montante accumulato durante il lavoro. E una retributiva, legata alle retribuzioni degli ultimi anni di attività. Al convegno “Pensioni: 30 anni di riforme“, Tridico ha spiegato le due possibilità, che non graverebbero molto sui costi. Con la parte retributiva si otterrebbe la pensione a 67 anni. Con quella contributiva a 62/63 anni.

Il presidente dell’Inps ha parlato anche della necessità di introduzione di misure più flessibili per i soggetti “fragili”. Per aiutare le donne, penalizzate dalla chiusura delle scuole, si potrebbe pensare a chiedere un anno in meno di contributi per ogni figlio.

L’Ape sociale “rafforzata”

La proposta che piace quasi a tutti consiste in un’indennità a carico dello Stato erogata dall’Inps per soggetti di almeno 63 anni in determinate condizioni. L’indennità è corrisposta sino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia. Questa possibilità potrebbe essere estesa ai lavoratori fragili a rischio Covid. Sono comprese persone affette da gravi patologie, tumori o con malattie cardio-vascolari non invalidi al 74%.

Inoltre la proposta comprenderebbe i disoccupati da lungo periodo, chi non ha diritto alla Napsi. I sindacati chiedono la riduzione di contributi da 36 a 30 anni per i lavori gravosi, per far rientrare gli addetti all’edilizia, agricoltori e marittimi.

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