Definito da molti critici il “One opera man”, assieme ad autori quali Leoncavallo, Giordano e Cilea, in quanto creatori di un’unica opera di successo, Pietro Mascagni è ricordato oggi quasi esclusivamente per la sua “Cavalleria Rusticana”. Ma è davvero solo questo?
Pietro Mascagni, vissuto a cavallo tra 800 e 900, è considerato uno dei maggiori esponenti del verismo musicale italiano grazie alla nota “Cavalleria”. Sebbene la denominazione sia la stessa, il verismo in musica si differenzia notevolmente dal verismo letterario. Mentre quest’ultimo dava voce allo strato più “miserabile” e diseredato della società, i musicisti italiani attuarono un tipo di analisi sociale più superficiale, in ottemperanza al gusto del pubblico, all’epoca prettamente conservatore.
Lo stile e la personalità
I capolavori del Mascagni si distinguono per la linea melodica irruenta e per lo stile compositivo moderno. Pietro si rivela essere un anticipatore del suo tempo. Nei primi lavori in particolar modo si percepisce uno stile decadente in linea con il movimento artistico e letterario di quegli anni, mentre successivamente propende per uno stile più declamato, esasperato, con una preponderanza per i registri acuti. Un clima dunque tutto espressionista. La peculiarità di Mascagni risiede proprio nella capacità di mettere a punto una libera commistione tra le diverse correnti musicali, dimostrando così un animo coraggioso, un’intelligenza adattabile a qualsivoglia situazione, un magistrale talento per la composizione.
“Nulla mi stupisce di Mascagni! Non lo ritengo cattivo, anzi tutt’altro: ma è come una pila elettrica non ancora completa, per modo che se ne hanno scosse, scintille, schioppettate così a casaccio, di sorpresa ! Speriamo che platino, rame, zinco e acidi trovino poi il giusto equilibrio ed allora la pila funzionerà bene.”
Uomo dalla personalità forte, esuberante e brillante. Viene spesso ricordato come un affascinante giovane felice, pieno di sé, un mito da seguire e imitare: le persone si vestivano ispirandosi al suo stile, si pettinavano come lui era solito fare. Non a caso esiste oggi la “capigliatura alla Mascagni”. Insomma un personaggio che ha lasciato il segno non solo grazie alle sue opere straordinarie.
“L’uomo che il mondo conosce in me non è quello reale -Tutti credono che io sia fatto soltanto per lo spirito e l’allegria, ma non è così: io sono piuttosto un malinconico e ho sempre fatto uno sforzo enorme per non mostrarmi quello che sono veramente.”
Cavalleria Rusticana
“perché è una lotta riuscire a riportare alla luce questo straordinario musicista, a lungo dimenticato nella sua complessa vicenda umana e artistica”
Queste parole, purtroppo vere e ancora attuali, appartengono alla nipote del compositore, Maria Teresa Mascagni. Il lavoro per far sì che il geniale musicista livornese non venga dimenticato è altresì lungo: ancora oggi è difficilissimo sentir parlare di sue composizioni e l’unica che si ascolta e si conosce con una certa facilità è Cavalleria Rusticana, l’opera tratta dall’omonima novella di Verga con la quale vinse il concorso Sonzogno nel 1889 e che per lui determinò una svolta fondamentale per la sua carriera.
Il successo della “Cavalleria” giunse già dalla prima rappresentazione al Teatro Costanzi. Il pubblico rimase meravigliato da una musica di una tale freschezza e novità, nonché dall’incredibile aderenza della musica al testo, con un risultato di immedesimazione romantica dello spettatore alla vicenda estremamente efficace. Come scrisse il musicologo Abbiati, infatti, è un’opera che “nella sua atmosfera incandescente, espansivamente canora, aveva sentito vibrare i primi più caratteristici accenti del repertorio romantico-verista italiano.”
Dal teatro al cinema
Pietro Mascagni però ha scritto ben altro. Non solo altre 12 opere, tra cui le più conosciute sono L’amico Fritz e Parisina, ma straordinari capolavori sono poi, giusto per citarne alcuni, l’elegia per soprano, violino e pianoforte, la Sinfonia in do minore, la Sinfonia in fa, di cui famosa è la trascrizione per pianoforte a quattro mani. Mascagni fu inoltre il primo compositore italiano a scrivere una colonna sonora per un film. Fu il pioniere di un evento unico: la realizzazione di un’opera d’arte totale, nella quale due generi diversi come musica e cinema vivono e convivono in simbiosi.
Rapsodia Satanica (1915) rappresenta infatti un traguardo notevole nel panorama della storia della musica e del cinema. Per la prima volta un compositore si occupa di sincronizzare la sua composizione con un film muto, partecipando attivamente alla sceneggiatura e al montaggio del film. E’ il primo esempio di dramma cinematografico musicale. L’importanza storica di questo capolavoro è esplicitata chiaramente dalle parole del critico Fausto Maria Martini: “Una cosa di grande importanza rileverà questa Rapsodia. La possibilità di adunare in un’opera cinematografica le sensazioni di tutte le arti. La possibilità di fare d’una sala di proiezione un magico crogiuolo di tutte le sensazioni artistiche in un insieme nuovissimo, mai tentato ed oggi ottenuto per la prima volta”.
Il segno indelebile del fascismo
E’ certo che giudicare un artista per i suoi trascorsi politici o ideologici significhi errare e confondere, o meglio sovrapporre, l’artista con la persona. In realtà più spesso di quanto si sia portati a pensare le due cose non coincidono affatto, in quanto non sono due campi della vita che per forza si intersecano e si influenzano a vicenda. Nonostante ciò, tutt’oggi un’ombra oscura grava sulla memoria di Pietro Mascagni. In molti sono coloro i quali ancora lo giudicano etichettandolo come “musicista nero”.
Vero è che aderì al fascismo nel 1932, ma occorre necessariamente contestualizzare e capire le motivazioni che portarono l’autore a una tale scelta. All’epoca difatti i nomi più illustri della nazione erano necessari al partito come simbolo di rappresentanza del Paese, per rafforzarne l’immagine. Pietro Mascagni si sentì onorato di rispecchiare la grandezza artistica dell’Italia, ma questo fu l’unico motivo per il quale si iscrisse al partito. Egli era infatti contro ogni tipo di violenza e di guerra, tanto che nel 1943, dopo l’arresto di Mussolini, scrisse queste parole: “Torna su di noi il sole della libertà.”
Giulia Scialò
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