Fra le poesie d’autore dedicate alla figura della Befana quella di Giovanni Pascoli è la poesia che più di tutti induce alla riflessione trattando temi attuali. La Befana, personaggio folkloristico della cultura popolare italiana, durante la festa dell’Epifania è nota per recare doni a dolciumi ai bambini più buoni. Nel nuovo appuntamento della rubrica Letteratura per l’Infanzia, i versi di Giovanni Pascoli dedicati a questa iconica vecchina.
Poesie per la Befana, Giovanni Pascoli e la contrapposizione delle realtà sociali: una riflessione contemporanea
![Poesie Befana](https://metropolitanmagazine.it/wp-content/uploads/2023/01/be.jpg)
Nei componimenti di Giovanni Pascoli ci si imbatte spesso in atmosfere in cui, il mito dell’infanzia, rifulge con la sua presenza tangibile. Per l’autore della poetica del fanciullino, ”Il poeta è un eterno fanciullo, un fanciullino, che continua a vivere in ogni uomo anche dopo la fine dell’infanzia”. In questo contesto, la Befana e i miti che aleggiano attorno a questa misteriosa figura sono il nutrimento ideale per la fantasia di un bambino che ne percepisce l’enigma e il mistero con inquietudine e fanciullesca trepidazione. Il Pascoli, in una delle sue poesie che dedica al personaggio della Befana , contrappone due realtà sociali opposte: due donne, madri, che si apprestano alla celebrazione del giorno dell’Epifania. L’immagine è evocativa ma, soprattutto, esorta a una riflessione non molto lontana dalle realtà attuali.
Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! la circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed è il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.Che c’è dentro questa villa?
uno stropiccìo leggiero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
La Befana, durante la notte, scende dai monti; nel mezzo della tormenta, fra gelo e neve, si appresta a far visita a ogni bambino. Dapprima, arriva in una villa in cui tutto sembra idilliaco; le calze appese e i bimbi che dormono nel loro letto caldo, immagine che rimanda a una atmosfera serena e di gaudio imperturbabile. I bambini attendono, sognando quieti, l’arrivo del mattino per meravigliarsi dei doni che troveranno al loro risveglio.
Guarda e guarda… tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda… ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini…
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolano le scale:
il lumino brilla e sale,
e ne palpitano le tende.
Chi mai sale? chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampana di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
Atmosfere differenti e riflessioni attuali
La Befana si allontana per spostarsi, in seguito, in un casolare rustico e umile dove la realtà è ben diversa dall’atmosfera placida che si percepisce nella villa.
[…]
E che c’è nel casolare?
un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra le ceneri e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana osserva la situazione di quel casolare spoglio: la realtà sociale abbiente lascia il posto a lumi fiochi, sospiri di tristezza; focolari in cui una flebile fiamma illumina e riscalda la stanza. Anche qui, tre bambini dormono; hanno zoccoli consumati e riposano fra la cenere e il carbone del fuoco.
Se nella villa appena lasciata l’attesa è serena, nel casolare una madre sospira e piange perché cosciente di non poter donare quel che vorrebbe ai suoi figli. Qui la ricchezza non è materiale ma è riposta nella fede e nella speme; nell’auspicio di una madre che soffre per non poter garantire la meraviglia e la gioia al risveglio dei suoi bambini. Dietro il ritmo apparentemente semplice e scanzonato, la poetica di Pascoli cela sempre un messaggio differente dall’apparenza dei suoi versi e che, spesso, si traduce in un moto di riflessione sui contesti sociali, le emozioni, la realtà per come si presenta. Persino la Befana sembra turbata da questa visione e fa ritorno fra i suoi monti:
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange, c’è chi ride:
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.
La dolce vecchina rimane inerme davanti a tutte le scene che vede e sente: la mamma piange ancora su ”quei bimbi senza niente”. Nelle ultime due strofe, Pascoli cristallizza il personaggio della Befana facendolo quasi percepire come impotente: la Befana ritorna su quei monti pensierosa e conscia del fatto che per alcune persone vivere è più duro rispetto ad altre, senza un’apparente ragione da perseguire.
Stella Grillo
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