Primo Levi, lo scrittore “scampato” al genocidio ebreo

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Di Sonia Faseli

Il 31 luglio 1919 è nato lo scrittore, chimico e partigiano Primo Levi. È stata una delle figure più importanti della storia italiana del secondo dopoguerra. Infatti si è arruolato come partigiano il 13 dicembre 1943, ma è stato deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, cui è riuscito a sopravvivere.

Il pensiero dello scrittore Primo Levi

Primo Levi Photo credits wikipedia

Una delle tematiche più importanti affrontate da Primo Levi è sicuramente il nazismo, proprio per la terribile esperienza che lui ha vissuto in prima persona nel campo di concentramento. Oltre al suo lavoro sul nazismo, Levi ha incentrato gran parte della sua scrittura sull’importanza della memoria. In particolare sottolinea l’importanza della memoria, che lui stesso definisce come uno “strumento tanto meraviglioso quanto effimero”. Conoscere e ricordare la storia è fondamentale per non ripetere gli stessi errori. E questo aspetto Levi l’ha vissuto sulla propria pelle, in un periodo in cui l’odio indiscriminato ha dominato per lungo tempo fomentando le masse.

Le opere

Una delle opere principali in cui Levi trasmette il suo pensiero è “I sommersi e i salvati”, un saggio in cui lo scrittore ha provato ad analizzare i rapporti psicologici che si instaurano tra oppressori e oppressi. Una delle opere più conosciute di Levi è invece “Se questo è un uomo”, pubblicato nel 1947, che consiste nella testimonianza più sconvolgente e dettagliata delle barbarie perpetrate nei lager nazisti, vissuti dallo stesso autore nel campo di concentramento di Auschwitz. Questo testo è l’analisi della degradazione di un uomo, prima ancora della sua soppressione nello sterminio. Un’ altra celebre opera di Primo Levi è “Se non ora, quando?”, in cui Levi racconta le drammatiche avventure dei partigiani ebrei e polacchi, che si difendevano da coloro che volevano sterminarli.

Sonia Faseli

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