Quando essere disabili non basta

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Di Redazione Metropolitan

Si può essere estromessi dalla cena di classe perché disabili? Succede a Parma: una studentessa di 16 anni disabile riceve insulti e offese attraverso la chat di WhatsApp dai suoi compagni di classe. La vicenda compare sulla Gazzetta di Parma l’11 giugno, ma riceve un’eco più ampia tramite un articolo di oggi su Repubblica.

Quando la disabilità non basta. La storia della studentessa di Parma, oltre che avvilente e lesiva della dignità della ragazza in questione, risulta quanto mai disturbante. Se si pensa che a pronunciarsi con frasi come quelle riportate da Repubblica sono coetanei della ragazza – quindi sedicenni anche loro – la vicenda non può che trasmettere tanta tristezza.

Alla luce dei messaggi offensivi ricevuti, i genitori della ragazza hanno sporto immediatamente denuncia alla Polizia Postale. Ma pur avendo sporto denuncia, non si è potuto precedere poiché il fenomeno manca della reiterazione. Nessun atto di bullismo o di stalking, dunque, malgrado il malcontento e l’amarezza dei genitori della ragazza.

Cambiano i mezzi, ma non cambiano i metodi. Resta difficile capire il perché di un tale atteggiamento nei confronti di un disabile, tanto più che – come già detto – parliamo di ragazzi fra i 15 e i 16 anni di età. La mancanza di una educazione alla diversità inficia e penalizza anche le nuove generazioni. Basti ricordare i vari casi di bullismo a sfondo omofobico che si sono susseguiti negli anni, in Italia. Semplicemente, l’offesa si è spostata su un mezzo diverso. Si è passati dall’insulto e dall’offesa verbale, all’insulto e all’offesa via chat, ma la sostanza non cambia.

Quando ci si renderà conto che è importante più che mai educare alla diversità? Perché questo non è un caso particolare, personale. Casi di questo tipo ce ne sono tanti, ma non se ne ha percezione perché non tutti denunciano. Questo non è un caso isolato o particolare, e non si vuol fare di tutta l’erba un fascio – ci mancherebbe – ma è chiaramente il riflesso di un problema sociale.

Andrea Picchi