R.E.M., il cambio di direzione con “Reveal”

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Di Redazione Metropolitan

Il 14 Maggio del 2001 i R.E.M. pubblicavano “Reveal“, il loro dodicesimo album in studio che ha diviso sia la critica che i fan. Esplosi come una delle rock band statunitensi più popolari del mondo a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, all’inizio del nuovo millennio il gruppo aveva intrapreso una nuova direzione musicale continuando ciò che avevano iniziato nel 1998 con “Up“.

“Reveal” – Cosa ha funzionato e cosa no

Avete presente la sensazione di mettere le cuffie, far partire un album, ascoltarlo da cima a fondo e aver capito subito che vi piace (o che non lo riascolterete più)? Bene, “Reveal” non è uno di quelli. Nonostante il timbro inconfondibile di Michael Stipe e la firma stilistica della band in singoli come “Imitation Of Life“, dopo un primo ascolto non è immediato trarne un’opinione personale.

Se da fan però è forse più semplice rimanere legati agli elementi dei R.E.M. degli album precedenti (la maggioranza), altrettanto non si può dire della critica che si è divisa tra chi ha premiato la sensazione complessiva lasciata dall’ascolto e chi ha bocciato il sound più ambient che smorza il rock con il quale i R.E.M. erano saliti alla ribalta.

Dopo la bella melodia d’apertura regalata da “The Lifting” si passa subito ad “I’ve Been High” dal sound completamente elettronico, ma impegnandosi in un ascolto più attento si nota che anche nei brani più rock, come nella melanconica e bellissima “She Just Wants To Be” c’è un sottofondo ambient che lascia un sentore di labilità: un effetto che crea sinergia nei punti più alti dell’album, ma che sembra essere solo un riempitivo nei suoi vuoti. Un album che ha poco a vedere con “Shiny Happy People” o “Losing My Religion“, brani che appartengono all’era pre-abbandono del batterista Bill Berry.

Anche se non ricordiamo “Reveal” come uno dei migliori album dei R.E.M. bisogna comunque riconoscere che con esso si apre una fase più matura per la band. La lentezza delle tracce, i testi sempre brillanti di Stipe e i suoni elettronici che hanno sorpreso (se non anche fatto storcere il naso ad alcuni) delineano un album malinconico e riflessivo.

Reveal R.E.M.
I R.E.M. nel 1996. Credit:musicaememoria.com.

Le due fasi dei R.E.M.

Gli elementi elettronici possono essere visti anche come una soluzione sonora al terremoto causato dal già citato abbandono da parte di Bill Berry nel 1997, soluzione utilizzata già nell’album “Up” del 1998: lo spirito del gruppo era tenuto vivo dal fatto che vi fossero esattamente quei quattro componenti a lavorare insieme (Michael Stipe, Bill Berry, Peter Buck, Mike Mills) cosa che accade spesso quando a fondamento del progetto c’è amicizia, dunque l’assenza del batterista ha minato l’identità del gruppo che, essendo rock, non poteva prescindere da una solida presenza alla batteria.

L’evento ha segnato quindi uno spartiacque nella storia della band e ha inciso su tutta la produzione successiva che è stata leggermente sottotono. Ciò non significa che i R.E.M. non abbiano più saputo regalare emozioni, basti ripensare al 2011, anno di pubblicazione di “Collapse Into Now” con la bellissima Überlin e poco dopo, purtroppo, anche dello scioglimento della formazione.


Francesca Staropoli

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