Succede a Bologna dove una giovane ragazza di 25 anni ha dovuto lasciare l’aula del Tribunale perché indossava il velo islamico.
Asmae Belkafir, questo il nome della ragazza marocchina, stava svolgendo la regolare pratica forense a seguito della laurea in giurisprudenza e mai nessuno le aveva fatto problemi nelle aule giudiziarie o nei convegni perché portava l’hijab, il velo islamico che copre testa e spalle ma lascia scoperto il viso.
Asmae, che svolge la pratica legale nello studio dell’Università di Modena e Reggio Emilia, si trovava presso il Tar di Bologna per trattare una causa riguardante appalti in mano al giudice Giancarlo Mozzarelli.
Fuori dall’aula di udienza campeggia un avviso chiarissimo, affisso dallo stesso giudice: “Chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio“.
Stando alla prescrizione il giudice, appena ha visto la giovane marocchina entrare in aula per assistere all’udienza, l’ha puntata e le ha intimato di togliersi il velo per poter continuare a partecipare alla discussione.
“Non mi era mai successo: ho assistito a decine di udienze, anche qui al Tar e nessuno mi aveva mai chiesto di togliere il velo – ha raccontato la ragazza a “La Repubblica” -. Nemmeno al Consiglio di Stato. Anche perché non si può assolutamente parlare di problema di sicurezza perché il velo tiene il volto scoperto e quindi sono perfettamente identificabile. Sono sconvolta. Il 5 dicembre scorso avevo partecipato a un’altra seduta con lo stesso giudice e non mi aveva detto nulla. Questa mattina, invece, ha subito puntato il mio velo e senza nemmeno nominarlo mi ha detto che avrei dovuto toglierlo per poter continuare a partecipare. Nel mio caso, con il volto scoperto, l’identificazione era immediata e non vi era dunque alcun rischio per la sicurezza“.
Non accettando il monito e non volendo tradire le regole della sua religione Asmae ha deciso di uscire dall’aula, denunciando l’accaduto all’avvocato Lorenzo Canullo, dirigente dell’ufficio legale dell’università di Modena e Reggio Emilia.
Subito è intervenuto il presidente del Tar di Bologna, Giuseppe Di Nunzio, che ha rassicurato la ragazza, garantendole che potrà riandare in tribunale senza problemi. Nessuna legge, infatti, vieta di entrare in aula con l’hijab, a patto che la persona sia identificabile.
“L’aula di un tribunale dovrebbe essere laica e rispondere ai dettami della legge e a null’altro – ha sottolineato Asmae Belkafir, che ora chiede provvedimenti nei confronti del giudice -. Sono stata privata non solo di un diritto ma anche del mio dovere di praticante avvocato di seguire cosa succedeva in aula. Mi chiedo: se un giorno dovessi diventare avvocato o giudice, dovrò sempre difendere prima me stessa e poi i miei clienti?
Cosa dice la legge: uno sguardo al Codice di Procedura Civile
Quanto al lato prettamente tecnico, guardando le norme che disciplinano il processo civile (in questo caso amministrativo che per quanto non regolato rimando però alla procedura civile) non si rinvengono disposizioni che vietino tout court di portare l’hijab.
Infatti, l’art. 129 del Codice di Procedura Civile, che qui ci interessa, prescrive letteralmente che “chi interviene o assiste all’udienza non può portare armi o bastoni e deve stare a capo scoperto e in silenzio“. Il Codice di Procedura Penale, per i risvolti che si potrebbero avere, contiene una norma simile che, però, dà maggior potere al giudice di dettare lui la disciplina per la partecipazione in udienza per motivi di ordine e sicurezza.
Come si può constatare, quindi, ad Asmae poteva essere chiesto unicamente di presentarsi a capo scoperto ai fini dell’identificabilità, cosa che sembra non sia stata compromessa visto che l’hijab, uno dei veli islamici, lascia scoperto completamente il volto.
Contro il gesto del giudice Giancarlo Mozzarelli è insorta anche la Comunità Islamica di Bologna, della quale la ragazza è inoltre legale rappresentante.
Il coordinatore Yassine Lafram ha chiesto anche lui l’intervento delle autorità al fine di fare chiarezza sull’accaduto. “Non esistono leggi che vietano di portare il velo in tribunale – ha commentato Yassine Lafram -. Il giudice “ha detto che si tratta ‘del rispetto della nostra cultura e delle nostre tradizioni’, questa è un’arbitraria posizione che vuol giustificare il provvedimento. Una giustificazione che non trova ragione in nessuna legge, tanto meno nella Costituzione, che anzi, tutela la libertà religiosa (tra cui l’abbigliamento)“.
Di Lorenzo Maria Lucarelli