In questo nuovo appuntamento con Road to Halloween, la rubrica sul cinema horror ormai in dirittura d’arrivo dedicata alla giornata più spaventosa dell’anno, parliamo di Hostel di Eli Roth.

Questo film quando uscì nel 2005 sconvolse tutto il pubblico di spettatori e critica per le immagini crude e violente che il regista scelse di rappresentare, a fare da cornice a una storia macabra, folle e pericolosa.

La trama di Hostel sembra avviarsi quasi come un b-movie per giovani adulti: due ragazzi statunitensi, a cui si unisce un islandese, sono in viaggio per un intercali in Europa in cui l’unico obiettivo è sballarsi e andare a letto con delle coetanee del posto. Quale miglior luogo per farlo? Ovviamente Amsterdam! Presto un ragazzo incontrato per caso li informa dell’opportunità di recarsi in Slovacchia, paradiso in terra delle belle ragazze. Una volta giunti nel paese però ha inizio l’incubo.

Vera e propria pietra miliare del sottogenere torture porn, inizialmente il film venne recepito come una critica statunitense nei confronti dei paesi est europei, al limite con il razzismo, in quanto rappresentati come luoghi i cui abitanti sono dediti a torture, inganni e sesso facile. Il regista, in realtà, aveva un altro obiettivo: criticare proprio gli Stati Uniti.

Il film di Eli Roth punta infatti a criticare l’atteggiamento ancora colonialista degli statunitensi, convinti di poter andare ovunque e fare ciò che vogliono. Inoltre, uno dei killer più spietati della pellicola è proprio un americano, segno che il sadismo sia parte integrante della cultura. Una risposta al disastro, oserei dire quasi annunciato, dell’11 settembre, che mise per sempre completamente a nudo la vulnerabilità e la sicurezza del paese.

Chiara Cozzi

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