Sono tre gli appuntamenti di aprile con Roberto Latini. I Giganti della Montagna, Amleto e Il Cantico dei Cantici, nelle sale del Teatro Vascello, come non li avete mai visti.

Vincitore del premio Ubu 2017 come miglior attore o performer, Roberto Latini salirà sul palco del Teatro Vascello di Roma in un imperdibile trittico all’insegna della modernità. L’11 e il 12 aprile sarà la volta de I Giganti della Montagna, capolavoro pirandelliano rimasto incompiuto a causa della morte dell’autore. Il 14 e 15 aprile toccherà ad Amleto + Die Fortinbrasmaschine, una rilettura dell’opera di Shakespeare ispirata al Die Hamletmaschine di Heiner Müller. Dal 19 al 22 aprile, invece, Roberto Latini riadatterà in chiave laica e moderna Il Cantico dei Cantici, uno dei testi più antichi e fascinosi di tutta la letteratura.

Roberto Latini in Il Cantico dei Cantici (Photo Credits: Teatro Vascello)

Mito pirandelliano dell’arte, I Giganti della Montagna racconta le vicende di una compagnia di attori che viaggia a cavallo tra leggenda e realtà, per giungere poi nella Villa detta “La Scalogna”. Rimasta incompleta a causa della morte dell’autore nel 1936, I Giganti della Montagna è l’ultima opera di Pirandello, maestro del doppio e simbolo di un’epoca intera. “Voglio immaginare tutta l’immaginazione che posso per muovere dalle parole di Pirandello verso un limite che non conosco” ha detto Roberto Latini. Stante la sua attrazione per l’indefinito, Roberto Latini accetta la sfida che il finale sospeso de I Giganti della Montagna li ha lasciato. Mettere in scena questa sospensione paradossale, l’impossibilità di rappresentare un finale non scritto, sarà ciò che vedremo l’11 e il 12 aprile sul palco del Teatro Vascello.

Roberto Latini ne I Giganti della Montagna (Photo Credits: Teatro Vascello)

La “riscrittura di una riscrittura”, così Roberto Latini definisce il suo Amleto + Die Fortinbrasmaschine, in scena al Teatro Vascello il 14 e il 15 aprile. Alla fine degli anni Settanta, infatti, il tedesco Heiner Müller componeva il suo Die Hamletmaschine, un’opera ispirata liberamente all’Amleto di Shakespeare. Amleto + Die Fortinbrasmaschine di Roberto Latini riprende la riscrittura di Müller, ma lo fa tornando a Shakespeare. Metafora del nostro tempo, “l’Amleto è una tragedia di orfani, protagonisti e antagonisti di un tempo in cui i padri vengono a mancare” ha detto Roberto Latini. Generazione figlia di Fortebraccio la nostra, figlio straniero e superstite, al cui sguardo sul mondo viene intitolato l’Amleto di Roberto Latini.

Roberto Latini in Amleto + Die Fortinbrasmaschine (Photo Credits: Teatro Vascello)

Il terzo appuntamento è con Il Cantico dei Cantici, al Teatro Vascello dal 19 al 22 aprile. In questo caso, ad essere rappresentato è uno testi più antichi e controversi di tutta la letteratura. Nel suo riadattamento, Roberto Latini ha ammesso di non aver voluto tradurre l’opera alla lettera, ma piuttosto le sensazioni che la lettura di quelle pagine gli suscitava. Ad essere rappresentato, quindi, è l’amore viscerale di Roberto Latini per quell’opera antica e misteriosa, epurata dai suoi riferimenti religiosi. “Ho cercato di non trattenere le parole, per poterle dire, di andarle poi a cercare in giro per il corpo, di averle lì nei pressi, addosso, intorno” ha detto l’autore. “Ho provato a camminarci accanto, a prendergli la mano, ho chiuso gli occhi e, senza peso, a dormirci insieme”.

Il Cantico dei Cantici di Roberto Latini (Photo Credits: Teatro Vascello)

L’arte di Roberto Latini sembra non lasciare nulla al caso, se non il senso ultimo dell’opera che sta nell’interpretazione. Sperimentare nuovi linguaggi per riadattare opere leggendarie; trovare significati attuali all’interno di testi diventati miti, è ciò che Roberto Latini mette in scena davanti al suo spettatore. Diventati classici del nostro tempo, I Giganti della Montagna, Amleto Und Die Fortinbrasmaschine e Il Cantico dei Cantici tornano sul palco con una rinnovata forza. L’arte di Roberto Latini vuole tradurre quei testi in un linguaggio della contemporaneità. E con le sue parole, mettere in scena quella “capacità del teatro di rivolgersi a se stesso, alla sua funzione, alla sua natura, per potersi proporre in forme mutabili, mobili”.