Roma Jazz Fest: un mese di musica e inclusione

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Di Redazione Metropolitan

S’intitolaNo borders. Migration and integration” la 43esima edizione del Roma Jazz Fest che dal 1° novembre al 1° dicembre accenderà la Capitale con 21 concerti che si terranno fra l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar

“No borders. Migration and integration” è l’attualissimo titolo di questa edizione del Roma Jazz Fest la manifestazione musicale che ha come protagonista il genere nato il secolo scorso nella New Orleans della segregazione razziale. Il programma dell’evento è la dimostrazione di come oggi più che mai la musica jazz sia indispensabile per riflettere sulle forme d’esclusione

Nasce da fatti drammatici la musica jazz, affonda le sue radici nei motivi cantati dagli schiavi afroamericani durante le ore di lavoro, è un genere che sintetizza ed offre risposte alle tensioni di un tempo lontano ma anche presente. Così con artisti d’eccezione ed un ricchissimo calendario di appuntamenti il Roma Jazz Fest concentra le sue note su parole come “migrazioni” e “confini” onnipresenti nel dibattito pubblico perché se cresce la frequenza con cui si parla di esclusione cresce anche la necessità di integrazione. Il jazz ha in sé la potenza visionaria e l’urgenza del cambiamento tipica del contesto in cui è nata, non a caso ha vinto la sfida alla discriminazione di genere con l’affermarsi di una nuova generazione di talentuose musiciste. Sperimentazioni ed ibridazioni di linguaggi a livello musicale richiamano il tema centrale del Roma Jazz Fest, portando un messaggio di fratellanza ed unione in risposta ai grandi interrogativi generati dalle nuove migrazioni. Al concetto di “barriera” il festival affianca quelli di “mobilità” ed “attraversamento”, per questo l’installazione dell’artista Alfredo Pirri sarà protagonista dell’evento. L’opera sarà visibile da 1° al 30 novembre, un luminoso e colorato confine fatto di ferro e plexiglass che dividerà in due la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica. L’installazione sarà un elemento vivo e partecipato degli eventi musicali, un muro divisore che il pubblico potrà continuamente attraversare negando così il suo significato di separazione. Il Roma Jazz Fest è un’occasione per riflettere sulle tematiche forti del nostro tempo attraverso quel meraviglioso linguaggio universale che è la musica. 

sarà protagonista dell’evento. L’opera sarà visibile da 1° al 30 novembre, un luminoso e colorato confine fatto di ferro e plexiglass che dividerà in due la Cavea dell’Auditorium Parco della Musica. L’installazione sarà un elemento vivo e partecipato degli eventi musicali, un muro divisore che il pubblico potrà continuamente attraversare negando così il suo significato di separazione. Il Roma Jazz Fest è un’occasione per riflettere sulle tematiche forti del nostro tempo attraverso quel meraviglioso linguaggio universale che è la musica. 

Sul palco saranno presenti icone del jazz come Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Dave Holland, Ralph Towner e Gary Bartz ma anche esponenti della nuova scena, Kokoroko, Moonlight Benjamin, Donny McCaslin, Maisha e Cory Wong. Le grandi protagoniste femminili come Dianne Reeves e Carmen Souza saranno al fianco di talenti più recenti come Linda May Han Oh, Elina Duni Federica Michisanti. 

Non mancheranno le contaminazioni linguistiche con Radiodervish, Tigran Hamasyan, l’ensemble Mare Nostrum,  Paolo FresuRichard Galliano e Jan Lundgren, Luigi Cinque, l’Hypertext O’rchestra. Il jazz ai tempi del sovranismo prende il nome di Antonio Sanchez mentre il “nostos” che accompagna la migrazione verrà raccontato in musica dalla Big Fat Orchestra. Il tributo a Leonard Bernstein di Gabriele Coen si riallaccia al pantheon jazz evocato da Roberto Ottaviano.