Roma, Pallotta: è questa la decisione giusta?

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Di Andrea Mari

Non c’è pace per la Roma targata mister Di Francesco. Nel mare tempestoso di Cagliari, i giallorossi attraccano nel porto sicuro di un doppio vantaggio costruito, meritato e sacrosanto del primo tempo per affondare, senza spiegazioni valide, nella ripresa. Con l’imbarcazione placidamente ormeggiata sul molo chiamato “Vittoria”. Pallotta ha scelto la via del ritiro, l’attuale tecnico resta sulla panchina della Roma: è una scelta saggia?

C’era una volta il Titanic: un’imbarcazione definita “inaffondabile” che solcava, beffarda e gloriosa, le acque ostiche dell’oceano Atlantico con un unico obiettivo dritto a poppa: arrivare negli Stati Uniti partendo dalla Gran Bretagna. Sappiamo tutti quale fu la fine di quel meraviglioso vascello che, il 15 aprile del 1912, entrò in rotta di collisione con un iceberg a largo di Terranova. Affondò inesorabilmente, senza lasciare scampo a moltissime persone. Il paragone, ce ne rendiamo conto, sembra forte ed inappropriato ma, se ci pensate bene, le similitudini tra il Titanic e l’attuale Roma sono davvero molte. Dipinta da Pallotta, timoniere principale della nave giallorossa, come “Squadra fortissima, la migliore mai avuta della mia presidenza”, la compagine di mister Di Francesco balbetta in campionato da inizio anno naufragando puntualmente in prestazioni negative e…senza senso. Esatto: senza senso. Riavvolgiamo un momentino il nastro tornando, poveri noi, al minuto ottantaquattro della sfida che vedeva opposte il Cagliari (LEGGI LA CRONACA DI CAGLIARI-ROMA), padrone di casa, e la Roma: dopo un primo tempo buonissimo, i capitolini conducevano il match sul rassicurante risultato di 0-2 in virtù delle reti realizzate da Cristante e Kolarov.

La gioia labile del primo tempo (Credit: MSN.com)

Il secondo tempo, a dirla tutta, ci raccontava di una Roma un po’ sulle gambe che, per meriti di Olsen e demeriti degli avanti rossoblu, aveva resistito gagliardamente alle ondate burrascose che sospingevano l’iceberg di Maran verso l’attracco sicuro dei romanisti. Quando nella testa del tifoso aleggia, timidamente, il pensiero “Siamo avanti di due reti ed il Cagliari, pur spingendo, si è dimostrato raramente pericoloso. Questa gara la portiamo a casa!”ecco che si scatena la tempesta perfetta che inghiotte, in un solo turbine assassino, tutte le fragili certezze che la compagine capitolina aveva riversato all’interno del rettangolo verde di gioco: i sardi, con grinta e cuore, trovano la rete del 2-1 da palla inattiva con Ionita che, sfruttando alla perfezione la sponda aerea di Joao Pedro, s’incunea nella retroguardia giallorossa realizzando di testa, in tuffo olimpionico.

L’AFFONDAMENTO INESORABILE
Lo speronamento rossoblu riesce a far perdere la bussola alla banda Di Francesco. Emblematica, in questa horror story, è l’immagine che vede come protagonista assoluto Olsen, numero uno svedese dei romanisti: l’estremo difensore, dopo aver salvato miracolosamente il risultato, subisce una carica fallosa di Faragò in pieno recupero. La disperazione cagliaritana raggiunge picchi elevatissimi e difficilmente controllabili: un drappo di calciatori intima all’ex Copenaghen di rialzarsi velocemente e nessun compagno corre in soccorso del proprio portiere, sarà il direttore di gara a salvare dal “linciaggio” il malcapitato. La frustrazione, addirittura, porta i sardi a restare orfani di tre elementi chiave come allenatore (allontanato per proteste), capitan Ceppitelli e l’espertissimo Srna

La risata nervosa di mister Di Francesco (foto dal web)

Lo stadio ulula indignato, moltissimi tifosi abbandonano il campo, Giulini (presidente del Cagliari) entra in campo per protestare al triplice fischio finale ed i calciatori rossoblu vedono sfumare le residue speranze di pervenire al pari. Iceberg sciolto sotto al sole della vittoria? Macché, gioca la fragile nave giallorossa che, nonostante appaia lussuosa ed attrezzata, colleziona falle nelle quali entra sistematicamente l’acqua che precede l’affondamento: in nove, annientati nelle convinzioni, il Cagliari riesce a siglare il punto del pari al 95′, in contropiede. Sì, in contropiede. Sau sfrutta il posizionamento, quasi criminale, della linea difensiva romanista presentandosi a tu per tu con Olsen che questa volta non può sventare la minaccia cagliaritana. Ennesima rimonta, gara nuovamente gettata nel gabinetto e tanto, troppo, sconforto. Senza un valido motivo, la lastra di ghiaccio rossoblu, depotenziata dallo scorrere del tempo, riesce a cogliere la crepa nello scafo capitolino decretandone il naufragio nelle gelide acque increspate dal vento della Sardegna

La gioia incontenibile di Sau dopo il pareggio al 95′ (Credit: StadioSport.it)

LE DICHIARAZIONI ED IL RITIRO
Dopo aver ripercorso la tragica storia dell’affondamento del vascello romanista avvenuto alle 20:10 in quel di Cagliari, tutto l’ambiente attendeva con ansia e curiosità la presa di posizione della società americana. Il girotondo d’interviste e dichiarazioni aveva lasciato l’amaro in bocca a tutti i tifosi; Di Francesco non ha soluzioni: “Il problema riappare alle prime difficoltà. Lo rianalizzeremo, penso siano anche caratteristiche caratteriali all’interno del gruppo che vanno migliorate. Siamo sempre qua a trovare giustificazioni, sono cose che ribatto con costanza e sono cose che cerco di mettere nella testa dei calciatori. A volte mi rispondono in un certo modo e a volte no, ma una partita in cui domini, e sei la Roma con determinati giocatori, dobbiamo avere la capacità di capire che anche quando l’avversario ha la forza dell’arrembaggio noi dobbiamo essere più lucidi nel gestire certe situazioni.” Olsen non si capacita degli avvenimenti: “E’ dura per me spiegare cosa sia successo. Non ho parole. Io e i miei compagni eravamo silenziosi nello spogliatoio, tutti molto delusi. Non abbiamo parlato molto. Il quarto posto possiamo ancora raggiungerlo ma sappiamo che dobbiamo aumentare il nostro livello e iniziare a vincere partite. Continueremo a lottare, so di averlo già detto ma credo nei miei compagni e nel club.” Oltreoceano, Pallotta ha assistito all’ennesimo scempio sentenziando: “E’ una disgrazia, un disonore. Questa squadra non si rende conto che le partite durano 90 minuti. Imbarazzante.” La “rappresaglia” societaria è calata sulla squadra: ritiro forzato fino a martedì. Ma è la scelta corretta?

Pallotta, Baldissoni e Monchi a colloquio (foto dal web)

PALLOTTA: IL RITIRO È LA SCELTA GIUSTA OPPURE È TEMPO DI CAMBIARE QUALCOSA?
Interrogativo legittimo e calzante. Davvero il ritiro forzato a Trigoria fino a martedì è la panacea di ogni male? Evidentemente no: la squadra capitolina, in stagione, è andata in ritiro già una volta ma la reclusione forzata produsse soltanto una leggera impennata positiva nelle prestazioni che, puntualmente, durò il battito d’ali di un colibrì. Perché la segregazione durerà fino al secondo giorno della settimana entrante? È presto detto: i capitolini partiranno proprio martedì per Plzen dove affronteranno il Viktoria nell’ultima gara del Gruppo G di Champions League. Partita inutile, ovviamente. La Roma ha già staccato il pass per gli ottavi di finale della massima competizione europea per club blindando il secondo posto in virtù della debacle casalinga del CSKA Mosca contro i cechi. La domanda sorge spontanea: a cosa serve un ritiro alla vigilia di un’amichevole? A nulla, probabilmente. Soprattutto se l’ultimo, come spiegato qualche riga fa, non ha svoltato la stagione italiana della Roma. La fermata forzata nel centro sportivo romanista, però, non è stata l’unica decisione presa dalla società americana: nonostante le tonanti dichiarazioni di Pallotta, la dirigenza ha confermato la permanenza di mister Di Francesco sulla panchina giallorossa, nonostante gli evidenti errori nei cambi e nella gestione del doppio vantaggio. A tempo, questa volta. Tradotto: l’ex Sassuolo, adesso, è davvero sulla graticola.

È corretto confermare l’attuale allenatore sulla scottante panchina romanista? Tifosi e dati statistici, dicono di no ma analizzando la situazione, esiste un fondo di verità nella scelta di confermare il mister pescarese: il cambio in corsa porterebbe sulla panchina giallorossa un tecnico della stessa caratura di Di Francesco e la “scossa” iniziale potrebbe esaurirsi in breve tempo. L’allenatore giusto per la Roma, infatti, planerebbe a Trigoria solo ed esclusivamente a fine stagione. Questa piccola consapevolezza porterebbe Pallotta a spendere moltissimo per il tassello chiamato “guida tecnica”: il possibile esonero dell’ex campione d’Italia potrebbe pesare sul bilancio fino al 2020, un traghettatore non firmerebbe mai per sei mesi ed il suo allontanamento a maggio gli garantirebbe lo stipendio almeno per i sei mesi successivi e, in tutto questo, la Roma dovrebbe comunque trovare il tecnico per la stagione sportiva 2019/20. Un salasso che Pallotta vorrebbe risparmiarsi. 

Una stagione nata sotto la stella sbagliata che, piano piano, sta confermando tutte le falle di una nave bellissima ma fragile: il Titanic affondò senza alcuna possibilità di “salvare il salvabile”. A Trigoria, per ora, c’è ancora spazio per attuare la manovra di salvataggio per evitare il naufragio completo: serve prendere una decisione netta, importante. Per il bene della Roma e di tutti i tifosi che, anche ieri, seguono la squadra e soffrono per l’attuale situazione…

ANDREA MARI

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