Russia: il governo si dimette, Putin chiede modifiche alla costituzione

Foto dell'autore

Di Redazione Metropolitan

Poche ore dopo la proposta di referendum, arriva in Russia la notizia delle dimissioni del premier Medvedev: «In questo contesto, è ovvio che noi, in qualità di governo, dovremmo permettere al presidente del nostro Paese di prendere tutte le decisioni necessarie».

Le dimissioni del premier russo Dmitrj Medvedev e del governo sono arrivate poche ore dopo la proposta di referendum di Putin. Un referendum che, per dirlo con le parole di Medvedev “porterà cambiamenti significativi nell’equilibrio tra i poteri, in particolare quello esecutivo, legislativo e i rami del potere giudiziario”.

Al contrario di quanto si possa pensare, non è stato un colpo basso. Per quanto inaspettate, le dimissioni del premier sono perfettamente coerenti con la posizione che ha assunto in merito alla questione. Spiega, infatti, in seguito ad un vertice con Putin, che l’atteggiamento che sta adottando il governo è quello di fare un passo indietro. Un modo per lasciare spazio al presidente, un allontanamento corretto che possa permettere “l’opportunità di intraprendere le misure necessarie”. 

Il referendum costituzionale: cosa cambierebbe

I cambiamenti che si vorrebbero apportare non sono semplici. Non si tratta di nuove leggi o dell’eliminazione di ministeri o istituti. È un passo molto più grande. Putin mira alla modifica delle norme costituzionali del suo paese, che porteranno ad un inevitabile rafforzamento dei poteri centrali. Le idee esposte finora riguardano, ad esempio, la questione già delicata della gerarchia delle fonti del diritto all’interno di uno stato.

Detta in termini semplici, il presidente vuole modificare il grado di supremazia degli accordi e dei trattati internazionali, che in quanto tali si impongono sulla legislazione interna dei singoli Paesi. Secondo quanto riporta il sito Russia Today, ha affermato che tali provvedimenti “saranno adottati solo se non contraddiranno la nostra costituzione” e se non violeranno “i diritti dei cittadini russi”.

Altra modifica sembra riguardare la questione dell’elettività: i requisiti cambieranno e si concederà alla Duma di partecipare alla scelta dei ministri per aumentare il potere del Parlamento. Per accedere a tali cariche pubbliche, nel caso il referendum dovesse ottenere un voto positivo, i candidati dovranno essere cittadini russi da più di 25 anni. Non saranno ammessi cittadini di altre nazioni, neanche se in possesso del permesso di soggiorno. 

Il nuovo panorama russo

I dettagli e i motivi della strategia di Putin non sono stati chiarificati. L’idea che si insinua inevitabile anche nelle menti dei più benpensanti è che lo stia facendo per protrarre ulteriormente la scadenza del suo mandato. Infatti, nel 2024 il presidente russo non sarà più eleggibile (la costituzione attuale vieta di essere al governo per più di due mandati consecutivi).

Putin, dal canto suo, non è nuovo a questo tipo di manovre. Lo dimostra il fatto che è al potere da 20 anni. Già nel  2008, non potendo ricandidarsi per la terza volta, cedette il posto di capo di stato a Medvedev, diventando premier. Lo stesso scambio è avvenuto nel 2012, quando Putin è tornato presidente e ha reso Medvedev primo ministro.

Il tempo adesso stringe di nuovo e non si sa se nel piano di modifica alla costituzione contenga una nuova strada per restare al potere. Intanto, si sa che Medvedev non lascerà il Cremlino: Putin ha già dichiarato che per lui sarà disegnata su misura una nuova carica, quella del vice capo del Consiglio di sicurezza nazionale.

Rimarrà inoltre in carica fino alla creazione del nuovo gabinetto, scelta che resta comunque nelle mani di Putin. Reuters descrive i primi candidati possibili:  Sergei Sobyanin, attualmente sindaco di Mosca, Maxim Oreshkin, ministro dell’Economia, e Alexander Novak, ministro dell’Energia.