Rivelati dettagli segreti sulla Russificazione forzata degli ucraini che vivono nei territori occupati russi: l’indagine in Unione europea lo rivela.
Dovrebbe essere una notizia che ha dell’incredibile, ma in realtà sono certa che molti dei lettori non si sorprenderanno. Le guerre in corso iniziano ed essere molteplici e con loro gli orrori che essere straportano. La Palestina sta subendo incursioni militari da parte di Israele e il conflitto si interseca con molti attori, tra cui le altre potenze confinanti, l’organizzazione di Hamas, i rapporti internazionali tra cui quelli con la nostra Italia. Ma questo non deve farci dimenticare di un altro conflitto che ha dominato le nostre telecomunicazioni per mesi e mesi e che, purtroppo, non è ancora risolto.
Della Russificazione Forzata degli ucraini ci sono prove in Unione Europea: ma cos’è?
L’EBU, abbreviato dall’inglese European Broadcasting Union, è l’Unione europea di radiodiffusione: un’ente internazionale che associa diversi soggetti che operano in ambiti pubblici e privati nel settore della teleradiodiffusione. L’organizzazione opera su scala nazionale attraverso i canali Eurovisione ed Euroradio. È ovviamente membro dell’Istituto europeo per le norme di telecomunicazione.
La “russificazione forzata” è un termine che ha certamente un suono cupo e spaventoso, e a ragion veduta. Una nuova indagine della sopra-citata Unione europea di radiodiffusione (EBU), che si può definire anche come un’organizzazione giornalistica internazionale, nse ne sta occupando ad oggi. L’EBU analizza questo processo dall’inizio del conflitto e ora ha raccolto abbastanza dati da meritare la nostra attenzione ancor più di prima.
L’EBU ha analizzato le modalità con cui la Russia sta obbligando i residenti ucraini delle zone occupate ad avere documenti d’identità russi. Ciò avviene coerentemente coi suoi tentativi di assimilazione forzata della cultura ucraina. Il popolo ucraino non viene solo privato dei suoi averi (la casa, il lavoro, e ahimè anche molti affetti) ma l’idea è quella di eradicare alla base la cultura che attraversa il popolo.
“Russificazione” o anche “Passaportizzazione”
La pratica è anche nota come “passaportizzazione” è ormai normalità nei territori occupati. Questo perché va avanti da tempo ein alcuni territori del Donbass anche da prima che iniziasse la guerra attualmente in corso.
L’indagine di EBU è durata mesi analizza su una serie di interviste con persone ucraine che vivono sotto occupazione russa. L’indagine sostiene che gli occupanti russi avrebbero costretto chi vive nelle zone occupate a prendere il passaporto russo, da qui il termine. Senza il passaporto russo queste persone si vedono negato l’accesso a cure, servizi sanitari, cibo, sussidi, pensioni. Il passaporto è anche poi cruciale per la libertà di movimento e circolazione all’interno del territorio.
Queste pratiche avrebbero riguardato anche persone malate e con patologie che richiedono terapie continuative, come il diabete, o persone che si sarebbero rivolte a ospedali locali per ricevere cure e si sarebbero viste negare l’accesso perché non possedevano documenti d’identità russi.
Sulla russificazione forzata notiamo un senso di ciclicità della storia
L’avanzata non è solo militare, ma anche propagandistica e assistenziale. Nei territori conquistati, Mosca distribuisce aiuti, introduce lingua e passaporto russo e un welfare con sussidi e pensioni più generose di quelle di Kiev.
«Abbiamo sconfitto i nazisti nel 1943, li sconfiggeremo anche oggi»
si legge sui manifesti che tappezzano il centro di Donetzk, la più grande città del Donbass controllata dal 2014 dalle milizie separatiste leali alla Russia. Su questi cartelloni, subito sotto la scritta, sono raffigurati due soldati: il primo è un militare russo contemporaneo che combatte in Ucraina, il secondo un membro dell’Armata rossa che combatté nella Seconda guerra mondiale.
Il parallelismo tra la guerra di oggi e la lotta contro i nazisti compiuta dall’Unione Sovietica non è casuale, non si lascia intendere: è pregna di intenzione propagandistica, che si basa su qualcosa che le popolazioni hanno vissuto.
Quando Russia ha attaccato l’Ucraina le citazioni sul passato sovietico sono diventate un elemento chiave della propaganda del Cremlino. Con la propaganda e se necessario con la forza i Russi vogliono rendere ben chiaro agli ucraini di avere un passato “sovietico” condiviso. Su questo passato, dopo la conquista dei territori, inizia la conquista culturale. La Russia non vuole solo occupare le zone, ma su di esse (con la violenza e la costrizione, se necessario) fondare un futuro comune.
Una storia che non impariamo mai:
La verità, anche abbastanza evidente, è che i russi sono entrati in Ucraina per restarci. Infatti stanno ora ponendo le basi per una loro presenza istituzionalizzata, diciamo, o comunque sempiterna. L’avanzata non è solo militare, ma esistenziale, propagandistica e strutturale.
In ogni territorio che conquistano, i soldati di Mosca distribuiscono immediatamente aiuti umanitari. Suona ironico che proprio che li abbia indotti alla fame, sete e bombardamenti sia lì a distribuire una qualche proposta alternativa. Questo è chiaramente non un moto di umanità ma un chiaro intento strategico.
Così facendo si intende rimuovere la simbologia dello Stato ucraino per sostituirla con quella russa e sovietica: partendo (si immagina) con inserire poi il russo come lingua ufficiale. Aiutare in modo attivo uno stato ridotto all’osso, messo in ginocchio, dà ad una potenza l’occasione di porre amministratori locali in senso al territorio. Amministrazioni che possono far gestire.
Per ora si consegnano alla popolazione passaporti russi e si vede introdotto un sistema di welfare alternativo a quello di Kiev. La cosa più ironica è che questo sistema è fatto di sussidi e pensioni più generose. Osserviamo quindi una mossa politico-strategica di grande finezza: un tentativo di conquistare menti e cuori delle popolazioni che dopo essere state attaccate e conquistate man mano vengono inglobate. Il fine ultimo è quello di annettere ufficialmente questi territori alla Federazione Russa.