Salvatore Settis, un urlo alla salvaguardia del Patrimonio storico-artistico

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Di Redazione Metropolitan

Laureato in Archeologia classica presso l’Università di Pisa, Salvatore Settis è oggi uno degli archeologi e storici dell’arte più insigni del nostro Paese. Completati gli studi, si distingue da subito, tanto da divenire professore ordinario di Archeologia greca e romana della stessa Università di Pisa, per poi ricoprire il ruolo di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’ateneo. Dal 1999 al 2010 è stato anche direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa.

Salvatore Settis e gli incarichi negli anni

Nel corso della sua carriera, Settis ha occupato diversissime cariche: dal 1994 al 1999 ha diretto il Getty Center for the History of Art and the Humanities di Los Angeles; è inoltre membro della Deutsches Archäologisches Institut, della American Academy of Arts and Sciences. E’, poi, un componente dell’Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Accademia delle Arti del Disegno e del Comitato scientifico dell’European Research Council.

Dopo essere stato anche Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, oggi è in pensione dal 2011. Tutt’ora, però, è Presidente del Consiglio Scientifico del Louvre.

Salvatore Settis e l’impegno politico: l’uomo nemico dell’arte e dell’ambiente

L’articolo 9 della Costituzione italiana cita: ” La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione“. In questo modo, dunque, lo Stato si impegna a tutelare il proprio patrimonio culturale, considerato come un tutt’uno con i diritti fondamentali dei cittadini, come il diritto all’istruzione. Un impegno, questo, che deve essere attivo.

Salvatore Settis. PhotoCredit: artspecialday
Salvatore Settis. PhotoCredit: artspecialday

La critica

E’ esattamente questo il punto su cui Settis ha posto la sua attenzione. La bellezza e la storia non vanno assorbite passivamente, come se da sole riuscissero a “salvarsi”: dev’essere necessariamente compito dei cittadini riconoscerne il valore e salvaguardarle. Nonostante, dunque, l’Italia disponga di una legislazione culturale molto valida, arricchita dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, e che tra l’altro vanta di essere stata particolarmente precoce in merito (si consideri che diversi provvedimenti per la tutela del patrimonio erano già stati attuati precedentemente all’Unità), oggi non pare essere sufficiente. Lo stesso Settis parla degli italiani come “nemici dell’arte”. Perché?

Salvatore Settis e l’aiuto chiesto all’Europa

Secondo lo studioso si è praticamente rimossa la coscienza del valore del patrimonio, il suo ruolo. Affinché un’istituzione culturale funzioni, il senso del compito civico e sociale che questa svolge vanno ripristinati. Per non morire “il museo deve dialogare con la città”. Benché Settis, in questa riflessione, si rivolga in modo particolare al paesaggio e all’ambiente, di certo è un’argomentazione valida per tutti gli elementi che convogliano nel nostro patrimonio.

Una sensibilizzazione, dunque, di questa realtà all’intera compagine popolare è estremamente urgente. Addirittura Settis si rivolge agli altri Stati membri dell’Unione Europea per giungere in soccorso a una situazione che, in Italia, rischia di provocare gravi e irrimediabili danni.

Salvatore Settis. PhotoCredit: dal web
Salvatore Settis. PhotoCredit: dal web

Oggi più che mai questa tematica diventa forte e attuale. La triste immagine offerta da questo grande archeologo non può che muovere le nuove generazioni a contribuire ad offrire una nuova rilevanza alla cultura del nostro Paese. In Italia, infatti, che da sola ricopre il 72% delle bellezze mondiali, non si parla abbastanza di tutela, di valorizzazione, di nuove risorse per il Patrimonio storico-artistico.

Quest’ultimo, spesso, viene sfruttato in funzione della commercializzazione della cultura. Perché, si sa, se non si avesse un riscontro economico, non ne varrebbe la pena; viene bistrattato come fosse l’ultima “ruota del carro”, un peso di cui doversi occupare, anche e soprattutto politicamente. Vorrei, invece, porre l’attenzione sulla componente fortemente identitaria che la cultura offre. Noi, in quanto ospiti di un Paese così ricco artisticamente, dovremmo impegnarci a proteggerlo: ci rappresenta e ci identifica.

Martina Pipitone

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