Sanremo 2018: Le Pagelle dei ‘Campioni’ (prima parte)

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Di Redazione Metropolitan

Eccoci puntuali anche quest’anno all’appuntamento con il 68° Festival della Canzone italiana di Sanremo. Lo spettacolo televisivo sarà trattato in un articolo a parte. Musicalmente parlando, abbiamo visto/ascoltato una serie di (poche) raggianti luci e (parecchie inquietanti) ombre, come ogni altra edizione, del resto. Nel corso della prima serata di ieri sono state presentate ufficialmente tutte e 20 le canzoni della categoria “Campioni”: le ripresentiamo a voi in due articoli distinti – chi scrive si alternerà a Nicky Abrami – con le classiche mini-pagelle dedicate a ciascun brano in gara.

Annalisa, “Il Mondo prima di Te”
Introduzione affidata al piano e alla voce, contrappunti dalle coriste. Si tratta di una grintosa ballata che si muove tra Pop, Soul ed R&B, alla maniera di Adele nel ritornello, d’impatto e di sicura atmosfera, con l’orchestra che da respiro e colore. Fame d’emozioni, voglia di ripartire a vele spiegate verso una nuova avventura di vita. Orecchiabile, dall’appeal radiofonico, la canzone resterà di sicuro tra quelle che ascolteremo anche ben oltre la fine della kermesse.
Voto: 7

Ron, “Almeno Pensami”
Una canzone inedita di Lucio Dalla, amico fraterno di Ron da tutta una vita. Interpretazione volutamente dalliana, ma il Nostro può permettersi questa licenza. Chitarra acustica arpeggiata, pianoforte, ma soprattutto un garbo, una leggerezza notturna, liquida, sognante che ben si prestano al palco sanremese. L’orchestra entra ed esce dall’arrangiamento e contribuisce ad un afflato melodico ulteriore. Anche questa canzone d’amore non corrisposto eppure così leggiadro l’ascolteremo ancora, poco ma sicuro.
Voto: 7

Max Gazzè, “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”
Antica storia marinara del folklore pugliese, animata da sirene e vendette e pietrificazioni per amori non concessi. Siamo nuovamente a contatto con una dimensione onirica (parrebbe quasi la canzone guida di un futuro classico film targato Disney), tra arpa, flauto traverso e un afflato sinfonico che ammanta maestosamente il brano. Gazzè recita e affabula da par suo, e incanta.
Ma il pezzo risulta di ben ardua memorizzazione e di altrettanta scarsa cantabilità.
Voto: 6 e 1/2

Ermal Meta/Fabrizio Moro, “Non Mi Avete Fatto Niente”
Già tra le favorite dai bookmakers per la vittoria finale. Un brano coraggioso e arrembante contro tutte le forme di terrorismo e violenza, con tutto il clima di oppressiva paura che ne deriva. Una luce di speranza e di amore al servizio di un brano ricco di Pathos eppure immediato, dalle sfumature folk rock all’italiana. E’ il nuovo cantautorato ‘impegnanto’ che interpreta i tempi, enfatico e orecchiabile al punto giusto. Ma già si è sollevata una furente polemica circa la presunta somiglianza con un altro brano, già presentato al Festival nel 2016 (Sezione Giovani, “Silenzio” di Ambra Calvani e Gabriele De Pascali). Rischio eliminazione: staremo a vedere.
Voto: 7

Decibel, “Lettera dal Duca”
Torna sul palco dell’Ariston per la prima volta dal 1980 la band capitanata da Enrico Ruggeri, da poco riunita. E lo fa per presentare un omaggio/tributo ad un gigante della musica “leggera” contemporanea, vale a dire David Bowie. E’ proprio lui, Il “Duca Bianco”, ad aver ispirato questo brano ineffabile, spirituale, smaccatamente bowiano (con riferimento ai gloriosi tempi glam pop di “Ziggy Stardust“, perciò primi anni Settanta) nei toni e persino nella grammatica musicale sul profilo di melodie e arrangiamento. E’ piaciuto a noi, meno alla Giuria Demoscopica che lo ha tristemente relegato in ‘zona rossa’.
Voto: 7

Giovanni Caccamo, “Eterno”
Torna a calcare per la terza volta le scene del palco sanremese ma questa sera, va detto, ci ha convinto molto meno. Il cantautore siciliano, già protegé di Franco Battiato, gioca sul sicuro e si affida a un classico brano sanremese, che cresce piano dall’introduzione di piano e voce e poi incede vaporoso sull’onda (tematica) di un amore in grado di oltrepassare i confini del tempo ed ergersi, appunto, all’eternità. Non sappiamo pronosticare se la stessa sorte sarà legata al suo brano: ma lui è ancora giovane (il più giovane tra i ‘Big’ quest’anno), ha talento e di fronte a sé ha una buona strada.
Voto: 5

Luca Barbarossa, “Passame Er Sale”
Decisamente una vecchia conoscenza dell’Ariston (alla nona partecipazione). Stavolta il cantautore romano sceglie di giocare, per così dire, in casa, e lascia che sia il suo dialetto a raccontare un amore vero e profondo, di quelli che non temono intemperie. E’ quasi una marcetta malinconica, un poco scura e certamente intimista, struggente nel suo incedere meditativo e nel suo sapore di antico stornello capitolino al chiaro di luna. I più giovani storceranno forse il naso di fronte a un brano così ‘demodé‘, eppure a chi scrive non è dispiaciuto.
Voto: 6 e 1/2

Nina Zilli, “Senza Appartenere”
Alla sua terza comparsa, la Zilli presenta musicalmente il brano meno interessante tra quelli finora proposti a Sanremo. Nel senso che sì, anche lei si affida ad un formato di ballata sanremese enfatico e super classico, con un incedere e un’intenzione vocale prossimi all’istinto musicale di Giorgia e Fiorella Mannoia. Il pezzo non si lascia ricordare ed è un peccato, perché la tematica portante (un inno fiero alla donna e alle donne) è di quelle da non dimenticare mai.
Voto: 5

Renzo Rubino, “Custodire”
Peccato anche per il cantautore pugliese. Testo ricercato, anche lui vittima però di una scommessa facile con l’ambientazione sonora e melodica festivaliera più paludata, a braccetto con un pezzo come se ne sono sentiti già altri mille negli ultimi 30 anni della kermesse. E si diceva peccato: già, perché anche qui le intenzioni testuali e le potenzialità espressive erano validissime: una storia sui generis, un amore finito troppo presto tra due genitori separati e divorziati da una vita, una stanza per rivedersi e finalmente parlare. E un figlio, alter-ego di Rubino, a far da testimone dell’evento.
Voto: 4 e 1/2

Le Vibrazioni, “Così Sbagliato”
Il rock della band arriva come un tuono a ciel sereno e scuote sin dalle fondamenta un Ariston forse già dormiente e appisolato. Questi ragazzi facevano furore una quindicina d’anni fa (chi non ricorda la super hit ‘Giulia’?), prima dell’arrivo dei vari Negramaro e Modà, con una miscela di pop/rock potente, melodico, legato tanto alla tradizione italica – vocalmente parlando – quanto alle radici anglo-americane. Il testo del pezzo sanremese di per sé è banalotto (Lui, il padre di famiglia, chiede perdono a Lei dopo aver commesso un errore, implorando un abbraccio e la riconciliazione), e anche l’esecuzione, pur energica e arrembante, proprio non evidenzia una canzone di quelle indimenticabili.
Voto: 4 e 1/2


Ariel Bertoldo