É argomento che tiene banco/mainstream in questi giorni l’uscita della biografia di Giorgia Meloni. Poco dopo l’annuncio dell’approdo del libro nelle librerie l’unica libraia di Tor Bella Monaca, Alessandra Laterza, ha ufficializzato la sua intenzione di non vendere nel proprio negozio la biografia in questione. A stretto giro è arrivata la contro-risposta di Fratelli d’Italia che scelto di regalare il libro di Giorgia Meloni agli studenti del liceo ‘E.Amaldi’ che vorranno leggerlo. Oggi a sferrare la stoccata alla leader sovranista è Selvaggia Lucarelli.
L’incipit del libro della Meloni
La giornalista di Tpi comincia sottolineando come già nell’incipit del libro emerga la volontà della Meloni di offrire un’immagine umanizzata di sè. Il lettore è chiamato a “riflettere sulla caducità della vita, sulla forza delle donne, su quanto nascere, talvolta, sia pura coincidenza e su quante coincidenze si scriva la storia”. Alle pagine 13 e 14 la leader di FdI, infatti, scrive: “Devo tutto a mia madre, (…) devo a lei il bisogno di dire la verità che mi porto dentro”. Un bisogno impellente di verità, o meglio, di raccontare la propria verità sembrerebbe aver mosso la mano della Meloni, che prosegue scrivendo:
“Perché la verità è che io non sarei mai dovuta nascere. Quando rimase incinta, Anna aveva ventitré anni, una figlia di un anno e mezzo e un compagno con cui non andava più d’accordo (…), l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione. Ricordo quando me l’ha confessato, e ricordo il tempo per digerire quel sasso. Ma poi ho capito il combattimento di una donna sola: farti nascere o farti tornare nel niente.“.
Il racconto del mancato aborto
A questo punto- come riporta la Lucarelli– il racconto del mancato aborto, evitato quasi da un’illuminazione divina sulla via di Damasco, entra nel vivo:
“La mattina degli esami clinici che precedono l’interruzione di gravidanza si sveglia, rimane digiuna e si incammina verso il laboratorio. A questo punto mi ha sempre raccontato, si ferma davanti al portone, esita, vacilla. Non entra. ‘No non voglio rinunciare, non voglio abortire’. È una mattina di primavera. C’è un’aria dolce e pulita. Sente di avere preso la decisione giusta. Adesso deve solo ratificarla, in qualche modo. Entra in bar: ‘Buongiorno, cappuccino e cornetto’“.
Peccato fa notare Selvaggia che qualcosa in questo racconto commovente e dal forte potenziale empatico, non torni cronologicamente e il segreto patto di veridicità col lettore venga tacitamente sconfessato.
Lucarelli vs Meloni
Selvaggia Lucarelli, col suo caratteristico acume e la sua innata capacità di analisi, fa notare che: “quando la madre di Giorgia Meloni era incinta di Giorgia Meloni la legge sull’aborto non esisteva. Giorgia Meloni infatti è nata il 15 gennaio 1977. La madre rimane dunque incinta più o meno ad aprile dell’anno prima, ed infatti nel passaggio del libro sulla mattina della decisione la Meloni specifica che era primavera. Dunque stiamo parlando della primavera del 1976. Nel 1976 l’interruzione volontaria di gravidanza era una pratica illegale. Abortire era un reato che prevedeva una pena dai 2 ai 5 anni.” Prosegue, poi, la giornalista citando la Corte di Cassazione, una cui sentenza permetteva l’aborto volontario solo nel caso di potenziale danno per la salute della madre. La legge 194 con cui viene legalizzato l’aborto è del 22 Maggio 1978. L’intervento della Lucarelli si conclude con il tentativo di spiegare l’incongruenza facendo riferimento a tre possibili ipotesi.
I tre scenari proposti dalla Lucarelli
Sono tre i casi che potrebbero aver spinto, secondo la Lucarelli, Giorgia Meloni a inciampare in una contraddizione cronologica così evidente. Il primo è che “Giorgia Meloni ha mentito, infiocchettando un racconto e dunque questo è un romanzo e non una biografia.“. Oppure: “La mamma di Giorgia Meloni le ha raccontato una storia un po’ diversa, perché al massimo ha tentato la via dell’aborto clandestino ma non funzionava esattamente così, con le analisi in un laboratorio, l’attesa, poi il cappuccino al bar e “vabbè ci ripenso”.(…) In questo caso Giorgia, se inconsapevole della bugia della mamma, è comunque responsabile di una grave lacuna culturale: visto che è pro-vita e ritiene l’aborto una sconfitta, potrebbe almeno imparare la data in cui è nata la legge 194.”. O, infine: “Giorgia Meloni non è nata nel 1977 ma qualche anno dopo. Probabilmente, in quanto leader di un partito, è tra le poche donne ad aumentarsi gli anni per acquisire più autorevolezza.” Percorrendo ognuna delle tre vie si arriva, in ogni caso, alla stessa meta: la Meloni ha mentito e se lo fa nel racconto della propria vita, cosa vieta di pensare che possa farlo anche in politica? Ai posteri…
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Giulia Moretti