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Sì all’impianto dell’embrione dell’ex marito, nonostante lui sia contrario

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Gli embrioni creati e crioconservati da una coppia che nel frattempo si è separata potranno essere impiantati dalla donna anche contro la volontà dell’ex partner. È quanto stabilito dal Tribunale di S.Maria Capua a Vetere. Una sentenza che decide, per la prima volta in Italia, in favore della donna, dicendo sì all’impianto dell’embrione dell’ex marito, anche se lui è contrario.

Impianto embrionale-Photo credits: Wired

È la storia di una donna che, nonostante la fine del suo matrimonio, non voleva rinunciare al sogno di diventare madre. La coppia aveva fatto ricorso alla Procreazione medicalmente assistita durante il matrimonio. Dopo un primo tentativo fallito, alcuni embrioni erano stati congelati, per un futuro tentativo. Decide così si rivolgersi al Tribunale di S.Maria Capua a Vetere che emana una sentenza a suo favore: può procedere all’impianto dell’embrione dell’ ex marito, nonostante la separazione e la contrarietà dell’uomo.

Le dichiarazioni dell’avvocato

Il legale della donna, l’avvocato Gianni Baldini, ha spiegato all’Ansa che il tribunale ha deciso “su questo tema spinoso dato il numero crescente di separazioni e di coloro che chiedono di accedere alla Pma”. “Si tratta di una sentenza destinata a far molto discutere in quanto riconosce il diritto assoluto della donna di utilizzare gli embrioni creati con il coniuge, e poi congelati, anche dopo la pronuncia della separazione e nonostante la contrarietà dell’ex marito”. Ha poi continuato Baldini.

L’avvocato ha poi affermato che il consenso dato alla produzione di blastocisti crioconservate in vitro, determina l’assunzione dello status genitoriale senza alcuna possibilità di revoca. La circostanza che il rapporto familiare e coniugale sia venuto meno risulta pertanto irrilevante. La donna potrà comunque procedere al tentativo di gravidanza, mediante l’impianto dell’embrione del suo ex marito. In caso di nascita del figlio, afferma Baldini, “l’ex marito sarà riconosciuto come il padre legittimo e conseguentemente tenuto ad ogni obbligo materiale e morale verso il figlio”.

Sentenza a favore della donna, prima volta in Italia-Photo credits: web

Impianto dell’embrione: la sentenza

La decisione del tribunale parte dall’assunto che il consenso dato alla Pma non è revocabile. Secondo la legge 40 sulla Pma, il consenso può essere revocato fino alla fecondazione dell’ovocita. L’uomo non ha alcuna possibilità di revocare il consenso precedentemente prestato, anche dopo la fine del rapporto di coppia e la pronuncia della separazione da parte del tribunale. Di fronte alla richiesta della partner di procedere al transfer delle blastocisti nel frattempo crioconservate, non può giuridicamente impedirle di procedere al tentativo di gravidanza. Dunque, in sostanza, l’uomo deve assumere la paternità giuridica. Deve adempiere ai relativi obblighi economici e morali, verso un figlio nato anche a distanza di molti anni dallo scioglimento del matrimonio.

Si tratta “di una decisione importante per i molteplici profili giuridici ed etico sociali implicati e per il potenziale impatto sulle tante coppie che si separano e hanno embrioni crioconservati per trattamenti di Pma”, ha sostenuto l’avvocato.

Le parole della donna

La donna ha poi raccontato il motivo che l’ha spinta a prendere questa decisione. “La mia è stata una battaglia anche per tante altre donne”, ha affermato. “Credo in coscienza di aver fatto qualcosa di utile per tutte quelle donne nella mia situazione, e per i tanti concepiti in provetta congelati, a cui la legge fino ad oggi non consentiva alternative”. Sicuramente, evidenzia la donna, “non è stata una scelta a cuor leggero. Io ho più di 40 anni e per amore del mio ex marito, che aveva problemi di salute, ho deciso con lui di ricorrere alla Pma. Ci sono state delle complicanze e il primo tentativo non è andato bene. Poi lui ha voluto la fine del nostro matrimonio”.

“Ci ho pensato tanto, ma quegli embrioni creati in un contesto di amore. Io non me la sono sentita di abbandonarli in una provetta, e ho deciso almeno di provare a metterli al mondo lo stesso, anche come donna single.” Ha infine concluso affermando di esser contenta che il giudice abbia riconosciuto a lei ed a loro figlio, per ora solo concepito, “il diritto almeno di provarci”.

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