La commistione e l’intermedialità tra social e cinema non è mai stata vista di buon occhio dagli artisti e dai lavoratori della settima arte. Infatti, le campagne marketing social si sono sempre limitate alla creazione di pagine dedicate e alla condivisione di sporadici contenuti. È innegabile, però, che l’impatto dei social media sia preponderante in ogni aspetto della vita. E, un po’ colpevolmente, il mondo cinematografico sembra essersene accorto leggermente in ritardo. Ma l’arma in più che, quasi involontariamente, sta creando nuove forme di campagne marketing social è quella degli UGC: User Generated Content. I media sociali hanno permesso la crescita esponenziale del nostro capitale sociale, e quello generato dalle piattaforme è pressoché illimitato. Le campagne pubblicitarie, quasi involontarie, fatte di trend e nuovo passa parola diventano allora l’arma miglior per tornare in sala. L’abbiamo visto lo scorso anno con il fenomeno culturale del Barbenheimer, che ha contribuito enormemente al successo della Barbie di Greta Gerwig e dell’Oppenheimer di Christopher Nolan. Un fuoco che si autoalimentava e che ha scandito il successo dei due blockbuster. Sono due invece i fenomeni recenti che hanno e stanno sfruttando delle campagne UGC: Saltburn e Anyone but You.
social e cinema: Il caso Saltburn
Il caso Saltburn, a differenza di Anyone but You è stata una valanga quasi inaspettata. Se il secondo ha attuato strategie di marketing capillari per la riuscita di una campagna virale (riuscendoci), il primo è stato praticamente vittima degli eventi. Il secondo lungometraggio di Emerald Fennell aveva dalla sua un’attesa, un hype relativo ai suoi attori in gioco. Jacob Elordi e Berry Keoghan sono due astri nascenti e star della prossima generazione che, nei teaser del film, erano presentati come protagonisti di una storia omoerotica. Elemento che sa attrarre pubblico giovane, pubblico da social. Il tema di fondo del film si è rivelato altro, anche se la componente omoerotica era presente. Ma la valanga era partita e i social, in particolare TikTok, hanno contribuito alla sua discesa. I trend sono stati più di uno: dallo scandalo delle scene con Berry Keoghan (la scena della vasca in particolare) che hanno generato curiosità per il film, fino al balletto liberatorio del finale, riprodotto in ogni maniera possibile. Le discussioni che si sono andate a creare nel post-visione, poi, tra critiche ed esaltazioni, hanno tutte contribuito a generare aspettative. E in un mondo forgiato da cultura dell’hype, Saltburn ha trovato linfa attraverso gli UGC, con un successo totalmente al di sopra delle sue possibilità. Un buon film con alcune sbavature che ha fatto la fortuna di Amazon grazie alle aspettative e alla FOMO (fear of missing out).
Il caso Tutti tranne te
Il caso di Anyone but You (Tutti tranne te da noi) è, per alcuni aspetti, analogo a quello di Saltburn. Glenn Powell e Sydney Sweeney sono due astri nascenti come Berry Keoghan e Jacob Elordi (lui e la Sweeney vengono entrambi da Euphoria). E la FOMO ha contribuito in maniera preponderante alla riuscita della campagna. Ma la sostanziale differenza è che, se la campagna social di Saltburn è stata per certi versi involontaria, quella di Tutti tranne te è stata totalmente studiata a tavolino. La Columbia (e di conseguenza la Sony), forti anche dell’enorme impatto che Sydney Sweeney ha sui social, sono stati capaci di sfruttare a pieno il potenziale di un film che, di fondo, è una semplice anche se divertente rom-com. I corpi attoriali di Powell e Sweeney sono stati il primo fulcro su cui ci si è concentrati tramite i teaser e i trailer. Una volta creata l’aspettativa, Sony ha brillantemente sfruttato la crescente chimica tra i due attori sul set, attraverso gossip di una loro presunta relazione e foto rubate dal set che li ritraevano insieme. E da lì la valanga è stata semplice da controllare. Il film è uscito con aspettative a mille e gli UGC hanno dato il colpo di grazia. Unwritten di Natasha Bedingfield, usata nel finale del film, ha trovato nuova vita con centinaia di video virali tutti dedicati al film. E non importa se il responso critico non è stato decisamente esaltante, il botteghino parla chiaro: l’investimento quintuplicato e Sony ha appena annunciato il ritorno nei cinema americani del film per San Valentino.
Se il passaparola è sempre stato considerato il miglior metodo pubblicitario, quello social lo è a tutti gli effetti. Ma su scala globale. Ovviamente i tentativi non sempre vanno a buon fine. La A24 ha tentato una strada simile con The Iron Claw ma, complice anche l’uscita in contemporanea con Anyone but You e Aquaman non ha sortito l’effetto sperato. Anzi, a fronte di una piccola campagna UGC iniziata e morta sul nascere, gli incassi nel weekend di apertura americano si sono fermati a 4.9 milioni a fronte di 6 milioni aspettati. E The Iron Claw è un film più che ottimo tecnicamente, figlio di una tradizione sportiva di lunga data condita da prove attoriali enormi. Non è però sempre sinonimo di successo commerciale (anche se, va detto per correttezza che, a quando scriviamo, il film è appena arrivato in Europa ed è già a profitto rispetto al budget). Forse è arrivato il momento, per il cinema, di rendersi conto delle possibilità infinite e a costo basso che i social possono offrire.
Alessandro Libianchi
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