Stare bene cambiando d’abito con Arturo Brachetti

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Di Redazione Metropolitan

Nell’affascinante e sempre verde palco del Sistina abbiamo avuto il piacere di vedere all’opera Arturo Brachetti nel suo primo spettacolo romano del suo tour teatrale dal titolo Solo. L’esibizione messa in scena è un vortice di emozioni allo stato puro perché non si limita ad esibirsi nell’arte del trasformismo, con cui è diventato noto, ma si espande verso un concetto d’intrattenimento a 360 gradi passando da gag comiche ad eccezionali combattimenti luminosi.

Arturo Brachetti mette in scena se stesso, sia come showman pronto a sorprendere il pubblico ma sopratutto come uomo perché per l’intera durata dell’esibizione vediamo un viaggio introspettivo nella mente del mago utilizzando una casa immaginaria come centro per l’elaborazione dei ricordi. Si mette a nudo, si spoglia di ogni sua costruzione e ci invita ad essere quello che siamo veramente senza alcun limite imposto da chissà chi. Tanti volti per un’unica identità, essere noi stessi. I vestiti sono tanti strati di pelle che nascondono i gradi, la fatica, le difficoltà per arrivare ad una simile consapevolezza. Davanti a queste riflessioni però vediamo tanto divertimento e gioia che riesce ad intrattenere grandi e piccoli. La casa diviene il luogo ideale per presentarsi al pubblico, serve qualcosa che faccia ambientare la platea dandogli la possibilità di ricordare e riscoprire noi stessi assieme a lui. Le tante stanze della sua abitazione sono tanti ricordi condivisi che ci invitano ad entrare nel suo mondo. I doni magici, donatoci da un vecchio nonno, ormai riposti in soffitta sono il pretesto per un lungo viaggio tra i secoli allo scoperta di 25 personaggi storici utilizzando solo un cappello bucato a testimonianza che basta poco per fare divertimento. Abbiamo detto che quello che vediamo è sopratutto un viaggio introspettivo e infatti, Arturo Brachetti, ci mostra i suoi pensieri partendo dalla sua infanzia riscoprendo i mille personaggi che l’hanno caratterizzata attraverso il mondo della televisione e attraverso l’universo delle fiabe. Quello che ne viene fuori è un nostalgico ritorno al passato caratterizzato da una forte componente tecnologica. Lo spettacolo che ne viene fuori non sarebbe lo stesso senza la moltitudine di proiezioni che creano scenari mitici e leggendari creando un palco hi-tech ed interattivo. Un ritorno al passato guardando al futuro superando sempre i nostri limiti. Quello che più ci sorprende è la straordinaria capacità di spingersi sempre un po più in la a discapito delle nostre aspettative. Pensiamo si sia superato nell’ultimo travestimento realizzato alla velocità della luce? Ecco che ci incanta nuovamente con un’altra trasformazione ancora più elaborata messa in scena in un battito di ciglia. Inoltre è proprio quando lo spettacolo inizia a scendere d’intensità, quando ormai il trasformismo comincia a diventare ripetitivo, che Arturo Brachetti si dimostra grande intrattenitore iniziando a volare con la nostra fantasia facendo volteggiare abiti a fiori nella camera dei nostri genitori, invocando ombre di animali mai così veri su pareti inanimate e trasformando la sabbia in una grande tela dove poter esporre la sua maestria. Tutto questo sarebbe stato impossibile senza l’utilizzo della luce. Proiettori, teste mobili, led luminosi diventano i veri alleati dello showman che li sfoggia come figli. Ne va fiero, li mostra a tutti, li lucida e li strofina, fa vedere cosa sa fare con loro. Il risultato è arte visiva alla stato puro che con un abbaglio può esser confusa con un mero spettacolo. Il finale è memorabile; saluta il suo pubblico con una grande ovazione prima di salire in alto, vero il cielo abbandonando le norme di comportamento che riducono l’immaginazione. Sembra volare. Ora eccolo. Supera gli ultimi scalini ed è in cima ad una scalinata in cielo. Ricorda Truman Burbank del famoso film di Peter Weir. Lui come Arturo salutano chi sta sotto avendo ricordato con un grande spettacolo come si debba vivere, in spensieratezza, questa vita.
Quinto De Angelis