Nell’appuntamento di questa settimana con la rubrica “Cronache del mistero” ricordiamo il caso della “Strage di Via Caravaggio“, ancora oggi irrisolto. Napoli 1975, quartiere Fuorigrotta, al 4° piano di Via Caravaggio, al civico nr 78 vive la famiglia Santangelo. Nella notte del 30 ottobre in casa Santangelo ci sono tutti : Domenico 54 anni, pensionato, ex capitano della marina mercantile, sua moglie Gemma Cenname di 50 anni, ostetrica, Angela di 19 anni, impiegata all’Inam, figlia di Domenico, avuta da un precedente matrimonio. In casa c’è anche il loro cagnolino, uno yorkshire terrier di nome Dick.
E’ l’ora di cena, e Gemma si districa tra i fornelli e nel preparare la tavola. Sul divano c’è Angela che febbricitante approfitta per scrivere una lettera d’amore al futuro marito Nicola. Nello studio, c’è Domenico intento a sistemare alcuni documenti. Tutto scorre in maniera serena nella famiglia Santangelo. Suona il campanello e Domenico, accompagnato dal fedele Dick si appresta ad andare ad aprire la porta. Niente di anormale, ma solo all’apparenza, perché dal quel momento in poi tutto cambierà. Passarono circa 8 giorni dal quel 30 ottobre quando Mario Zarrelli, nipote di Gemma avendo più volte cercato di mettersi in contatto con la zia nei giorni precedenti, senza mai riuscirci, decise di rivolgersi alla polizia.
La strage di Via Caravaggio
Da li a poco sul posto giunsero una pattuglia delle forze dell’ordine e un’unità dei vigili del fuoco. Impossibilitati ad entrare dalla porta dell’appartamento della famiglia Santangelo, i vigili del fuoco decisero di calarsi dal piano superiore. Raggiunto il balcone, ruppero una finestra ed entrarono. Lo spettacolo fu agghiacciante. Sul pavimento due grandi scie di sangue, che partendo una dalla cucina, l’altra dallo studio poi si uniscono in direzione del bagno. Il sangue è ovunque e l’odore era tanto insopportabile quanto riconoscibile come quello della morte e di corpi in avanzato stato di decomposizione. In bagno, nella vasca stracolma d’acqua giacevano i corpi di Domenico, di Gemma e i resti del cagnolino Dick.
Nella camera accanto c’era invece Angela, distesa sul letto avvolta in una coperta intrisa di sangue. Nel salottino la tavola era ancora apparecchiata e la cena servita e mai consumata. Più in la, due bicchieri contenevano ancora un po’ di whisky. Sul davanzale della cucina gli inquirenti trovarono mozziconi di sigaretta. Le porte e le finestre di casa Santangelo risultarono tutte ben chiuse. Le vittime ricevettero tutte lo stesso trattamento. Furono dapprima tutti tramortiti e poi sgozzati, mentre il cagnolino Dick fu soffocato. Le indagini accertarono da subito che l’assassino si trattenne a lungo nell’appartamento, forse 5 ore e che usò molto probabilmente guanti di lattice per non lasciare traccia.
Le indagini
Dai rilevamenti emerse la sparizione della pistola di Domenico (regolarmente detenuta), il diario di Angela e la macchina di famiglia, una Lancia Fulvia color amaranto, sottratta dal garage condominiale, dove di solito era custodita. Ascoltati alcuni testimoni, uno di questi dichiarò, tornando a casa dal lavoro, di aver visto proprio quella Lancia Fulvia intorno alle 02:00 del 31 ottobre sfrecciare a gran velocita e guidata da un uomo di robusta corporatura e una folta capigliatura.
I sospetti per il pluriomicidio ricaddero all’stante su Domenico Zarrelli, nipote di Angela, fratello di Mario, colui che contattò la polizia. La descrizione non lasciò dubbi. Domenico era un trentenne, di grossa corporatura e dalla folta capigliatura. Sulle sue mani inoltre erano evidenti oltre a vari graffi, l’impronta di alcuni denti, riconducibili a quelli di Dick.
La svolta
Il 25 marzo 1976 Domenico venne dichiarato colpevole e il 9 maggio 1978 condannato in primo grado all’ergastolo. Il movente individuato fu quello di un rifiuto da parte della famiglia Santangelo alla richiesta di un prestito in denaro. Col passare del tempo Mario Zarrelli, avvocato, rappresentò e difese il fratello in tribunale, riuscendo a smontare tutte le flebili accuse a carico di Domenico facendolo assolvere in appello. La Cassazione però annullò la sentenza.
Si arrivò cosi al 6 maggio 1981 quando Domenico Zarrelli ricevette l’assoluzione proprio dalla Cassazione anche se non con formula piena, cosa che avvenne nel 1985. Così la “Strage di Via del Caravaggio” tornava ad essere un caso irrisolto. Nel 2006 Domenico Zarrelli ottenne l’ingente risarcimento di 1.400,000 euro per danni morali e materiali. Una clamorosa svolta arrivò nel 2014 quando vennero condotte nuove indagini che portarono esiti inaspettati. Sui mozziconi lasciati sul davanzale della cucina dei Santangelo, rinvennero tracce di Dna compatibili con quello di Domenico Zarrelli, ma per la legge italiana secondo il principio di “Ne bis in idem” (Non due volte per la stessa cosa) Domenico Zarrelli non poté essere nuovamente accusato. Così la Strage di Via Caravaggio resta ancora oggi avvolta nel mistero.
di Loretta Meloni