Streghe ad Halloween: ne parliamo con le scrittrici Melissa Panarello, Ilaria Gaspari, Anna Giurickovic Dato e Chiara Tagliaferri

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Di Redazione Metropolitan

Streghe è uno dei modi in cui da sempre vengono appellate, spesso con accezione negativa, le donne sapienti, curiose e libere.

In occasione della festa di Halloween, le scrittrici Melissa Panarello, Ilaria Gaspari, Anna Giurickovic Dato e Chiara Tagliaferri ci raccontano se si sono mai sentite trattate da “streghe” e chi sono, secondo loro, le streghe oggi.

Ilaria Gaspari

Ultimamente, mi sta capitando un fenomeno molto strano al quale mi sento di reagire da strega. Incontro dei colleghi uomini, che scrivono cose di filosofia, e che mi dicono questa frase, “ E ma certo tu hai tutta questa visibilità in questo momento, perché sei una donna”,  qualcuno mi ha proprio fatto notare che, se mi chiamassi Ilario non avrei tutto questo successo…

Mi è sembrato il tentativo di dare una spiegazione magica a una cosa che questi uomini non riescono a spiegare: che una donna abbia più successo come filosofo.

Le volte in cui mi sono sentita io stessa una strega invece, sono quelle in cui ho avuto la percezione di aver indovinato delle cose che avevo desiderato tanto e che sono andate esattamente come mi aspettavo.

In realtà questa è una dote che, secondo me, appartiene a molte donne, non ti dico tutte… ma quasi. Visto che siamo state per molti secoli e secoli abituate a nascondere i nostri desideri, oggi, che abbiamo il privilegio di poterli pensare e dire, li desideriamo in un modo tale che sembra quasi una magia. Penso che siamo tutte oggi un po’ streghe ed è una cosa bellissima. 

Melissa Panarello

Non mi sono mai sentita trattata da strega, forse perché il mio atteggiamento è poco “streghesco”. Se lo intendiamo come un certo sguardo maschile su di me, non ho quel tipo di femminilità ammaliante. Mi sono sentita dare della strega ma nella sua forma più bella, che è quella della fattucchiera che fa delle magie un pò pasticcione. Forse perché sono stata sempre un po’ pasticciona nella mia stregoneria… Non sono mai stata vista come quel tipo di strega, forse perché neanche io mi sono mai vista in quel modo. 

Per me le streghe oggi sono le donne sapienti, che sanno delle cose e le condividono con pochi. In questa accezione, mi riconosco!  Non mi riconosco nella strega ribelle a tutti i costi, che trasgredisce le regole. Perché le streghe fanno come natura ordina, cosa per me molto importante.

Anna Giurickovic Dato

Mi sento strega ogni volta che mi danno dell’eccentrica, soprattutto nell’ambiente giuridico. Mi è capitato di sentirmi dire che sono una persona molto brillante ma che ho troppi interessi.  Una volta ho perso una grande occasione lavorativa perché, rispetto a me, giudicata appunto troppo eccentrica, è stato preferito, un uomo seppur considerato meno talentuoso e, testuali parole “diesel ma più controllabile”. Il solo fatto di non adeguarsi totalmente a un costume previsto in un ambiente estremamente rigido e maschilista quale è l’ambiente giuridico, mi ha discriminata. Già solo il fatto di aver scritto due libri, fa di me una strega nell’ambiente…

Chiara Tagliaferri

La prima volta che mi hanno dato della strega me lo ricordo benissimo, avevo tredici anni e quel soprannome, quel marchio, quel pregiudizio che conteneva un giudizio, me lo sono portato addosso sino a quando non sono andata via da Piacenza, intorno ai diciannove anni. Andavo sempre in giro con una mia amica e venivamo chiamate la strana e la strega, credo che lei fosse la strana e io la strega o probabilmente le due aggettivazioni erano intercambiabili, perché stonavamo rispetto al resto. Piacenza era una specie di Paperopoli incrociata con il paesino di Edward mani di forbice. Dietro a quelle case colorate con il pantone dello zucchero a velo, si nascondevano in realtà le tragedie familiari di ogni famiglia infelice. I patii o gli ingressi di quelle case rilucevano. Mi ricordo che c’erano tutti questi portaombrelli fuori dalle case che brillavano e sembravano d’oro perché venivano lucidati con il Sidol. Io e la mia amica non rilucevamo per niente. Ci mascheravamo continuamente, io mi tingevo i capelli di nero, ci vestivamo di nero, ascoltavamo i Nirvana, credevamo in Kurt Cobain e in Courtney Love.

Provavamo a immaginare un mondo che riuscisse ad andare oltre i confini che quella provincia lì ti schiacciava, ti conficcava come dei chiodi nella testa. Non volevamo aderire neanche ai progetti che le nostre famiglie avevano su di noi,  nel mio caso “studia ragioneria così poi troverai un posto da segretaria in uno studio da commercialista”. I miei pochi parenti vivi erano tutti commercialisti, dunque sembrava un destino precostituito e non c’era cattiveria in questa scelta ma c’era la paura. Anche io e la mia amica avevamo paura perché non sapevamo dove saremmo andate a finire, ma sapevamo che non volevamo quella cosa lì, che ci faceva ancora più paura della nostra paura.  Dunque per i nostri amici eravamo la strana e la strega… C’ è un racconto molto bello di Alice Munro che si chiama Bambinate e dice che i bambini danno al verbo odiare diversi significati. Spesso dicono che odiano una cosa quando hanno paura di quella cosa lì.  Dunque è quella sensazione non di una vera e propria aggressione fisica che ti può capitare ma di una sorta di sortilegio, di malia che ti viene addosso quando per esempio apri un armadio profondo o scendi nelle cantine dei palazzi. Facevamo paura perché non riuscivano a decodificarci. 

Quando me ne sono andata da Piacenza mi sono sentita decisamente meno strega e decisamente meno strana, anche se mi hanno dato ancora svariate volte della strega. Me lo danno ancora con Morgana. 

Con Michela Murgia, scriviamo da quattro anni le Morgane. Raccogliamo storie di donne controcorrente, spaventose perché non accettano più di essere spaventate. Le selezioniamo secondo il principio di scomodità sociale.  Dunque ti potrei rispondere che esistono ancora le streghe moderne, certo.  Sono considerate streghe tutte le donne che non nascondono le loro asprezze anzi, ne fanno un’arma.

Quando abbiamo scelto il nome di Morgana, lo abbiamo fatto non casualmente perché era la figura più controversa della mitologia del ciclo arturiano, sorella potente e pericolosa del ben più rassicurante re dalla spada magica attorniato dai suoi maschilissimi cavalieri.  Quando Morgana prestava il suo potere al re, e dunque a un uomo, era fata, quando ha deciso di tenere il potere che lei aveva per sé è diventata strega. 

Dentro queste morgane noi abbiamo raccontato tantissime donne e c’è un’immagine che secondo me è proprio perfetta a proposito di streghe, legata alla prima morgana che abbiamo raccontato : Margaret Atwood.  C’era una scena che lei raccontava: un pomeriggio in cui lei stava spazzando le foglie cadute dagli alberi davanti alla sua casa a Toronto e il suo vicino, un avvocato molto spiritoso che si chiamava Sam, passa davanti a casa della signora Atwood e, scherzando ma non troppo, le suggerisce di non farsi vedere con questa scopa di saggina in mano perché potrebbe alimentare la sua fama di strega cattiva del quartiere. Margaret per altro un’antenata strega l’ha avuta davvero, si chiamava Mary Webster se ricordo bene, fu accusata di stregoneria e ovviamente sopravvisse all’impiccagione, dunque Margaret guarda l’incauto vicino di casa e gli risponde sorridendo che non è poi così male essere etichettata come strega, perché la paura ispira più rispetto dell’ammirazione. Questa è una frase che secondo me contraddistingue tutte noi streghe moderne. 

Milavagante

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