Svelato il segreto di Stato: ecco la mappa dei depositi dei rifiuti radioattivi

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Di Redazione Metropolitan

La Sogin ha pubblicato la Cnapi, ossia la mappa dei luoghi che potrebbero diventare i depositi dei rifiuti radioattivi in Italia. Svelato dunque il segreto di Stato.

La mappa dei depositi dei rifiuti radioattivi

Mentre gli italiani sono concentrati sui diversi colori in cui si suddivide la mappa del proprio Paese, lo Stato rende pubblica la Cnapi, ossia la Carta nazionale delle aree più idonee sulle 67 selezionate per il deposito dei rifiuti radioattivi. Anche in questo caso, ritroviamo la suddivisione in fasce di colori: verde smeraldo (punteggio massimo), verde pisello (buono), celeste (isole) e giallo (zone papabili, ma non così adeguate). La Sogin, la Società pubblica di gestione del nucleare, dopo aver ricevuto dal Governo il nullaosta, nella notte tra il 4 e il 5 gennaio, ha pubblicato – sul sito web https://www.depositonazionale.it/ – il progetto e la carta segreta, che dal 2015 era tenuta sotto chiave: chiunque, tra i pochi che ne erano a conoscenza, se ne avessero divulgato anche soltanto un dettaglio, si sarebbe imbattuto in una sanzione penale.

1,5 miliardi per costruire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi

Con 1,5 miliardi verrà costruito il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi – che, ad oggi, si trovano tra Piemonte e Sicilia –. C’è chi, però, si sta ribellando, una tra tutte la Sardegna, perché non vuole entrare a far parte del progetto. Al momento, tuttavia, pare che le zone interessate saranno 67 – cioè quelle idonee -, ma le più interessate sarebbero 23.

Le 23 zone più interessate

Tra le 23 zone “verde smeraldo” e “verde chiaro”, 2 aree sono state selezionate in provincia di Torino (quella di Carmagnola e quella tra Calusio Mazze e Rondissone), 6 nella provincia di Alessandria (Alessandria-Castelletto Monferrato-Quargnento; Fubine-Quargnento; Alessandria-Oviglio; Bosco Marengo-Frugarolo; Bosco Marengo-Novi Ligure; Castelnuovo Bormida-Sezzadio), una a Siena (in val d’Orcia fra Pienza e Trequanda) ed una a Grosseto (Campagnatico). A Viterbo invece le aree idonee sono 7; idem quella tra le Murge e la provincia di Matera: Gravina (Bari), due vaste aree tra Bari (Altamura) e Matera, una nella provincia di Matera ed altre due tra Matera e Taranto (Laterza).

La paura ed i vantaggi

Nel 2014, l’Ispra ha dettato i criteri per la selezione dei luoghi idonei: essi dovranno essere anzitutto poco abitati, ma anche senza vulcani, senza rischio di terremoti, alluvioni, frane. Non dovranno essere ubicati oltre i 700 metri sul livello del mare e neanche non su pendenze eccessive. Non dovranno essere in prossimità del mare ed abbastanza vicine ad autostrade e ferrovie, affinché i mezzi carichi del suddetto materiale possano raggiungerli con facilità. D’altra parte, c’è una clausola degna di nota: non potranno essere indicate come idonee tutte quelle aree con “produzioni agricole di particolare qualità e tipicità e luoghi di interesse archeologico e storico”. Ai comitati, dunque, resterà facile opporsi, dato che, in Italia, sono ovunque. I Comuni, però, potrebbero far sì che la loro paura ceda il posto alla consapevolezza che vi potrebbero essere dei vantaggi: si parla già di incentivi, specialmente di occasioni di crescita.

Ne sentiremo parlare ancora

Sono decenni che il Governo italiano tentava di mettere a punto questo progetto, con il fine di rispettare ciò che l’Europa impone: riunire i materiali “meno” pericolosi che il Paese produce in un deposito nazionale temporaneo in cui tutto sia a norma di sicurezza. Già nel 2003, quando il progetto stava divenendo sempre più una realtà, una parte dei cittadini sono insorta, ma anche una parte dei politici; pertanto, l’idea venne accantonata e nessuno osò più farne menzione. Oggi, però, nel giorno in cui il segreto è stato svelato, si è tornati a parlarne, e se ne parlerà di certo ancora a lungo.

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Francesca Simone