Theodor W. Adorno, sociologo e filosofo: l’uomo vittima dell’industria capitalistica e culturale

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Di Marina Lotito

Nei suoi studi sull’individuo, il filosofo e sociologo Theodor W. Adorno si incentra sulla sopravvivenza della natura umana minacciata dalla globalizzazione, che rende l’arte, protagonista di un processo di reificazione: la società contemporanea è ridotta a semplice oggetto, che non ha nulla da esprimere.

Theodor W. Adorno, sociologo: “La dialettica dell’illuminismo” e “La personalità autoritaria”

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Nell’opera di Theodor W. Adorno, “La dialettica dell’illuminismo“, il sociologo critica la teoria del processo di razionalizzazione di Weber, secondo cui nell’intelletto umano, dovrebbe prevaricare il raziocinio, in quanto nella società contemporanea, fondata sul capitalismo, l’uomo è ridotto a “oggetto”: la ragione strumentale si riflette sull’individuo, homo faber, operaio contemporaneo, che rinuncia ai piaceri della vita, per cimentarsi nella produzione industriale. In un’epoca in cui diritto e morale, perdono di valore e la scienza domina la scena, l’uomo è vittima del sistema, del puro calcolo, privo di ogni facoltà di critica, è destinato a scomparire nel nulla.

La personalità dell’individuo viene eclissata, anche in un’altra opera di Adorno, “La personalità autoritaria“, che si incentra sull’analisi del regime totalitario, della manipolazione di massa, tramite i media: i bambini, educati severamente, si sentono sin da piccoli, parte di un gruppo superiore, rispetto ad altri da loro classificati “esseri inferiori”; pronti a punire i trasgressori delle regole imposte dall’autorità, leggono nel mondo esterno, solo la cattiveria, maturando pregiudizi antiebraici e i loro valori democratici primordiali, vengono surclassati dalla personalità autoritaria, che predomina nella loro essenza.

Il filosofo e “La teoria dell’estetica”

Nell’opera di Theodor W. AdornoLa teoria dell’estetica“, il filosofo analizza come, nella società odierna, il capitalismo riduca l’arte a mera merce, nel processo di “disartizzazione dell’arte”, ove questa è sottomessa alle ragioni economiche. In un mondo, ove sussiste un principio di demarcazione, tra ciò che risulti razionale e ciò che è irrazionale, si nega l’essenza magica dell’arte, che vittima della massificazione, perde la sua identità.

Secondo il filosofo, l’arte non deve subire un processo di reificazione, come nel Dadaismo, ridotta dal potere vigente, a semplice strumento di svago per le masse, ma per definirsi “arte positiva”, deve essere libera, priva di restrizioni: la forma di un’opera d’arte e il messaggio in essa contenuto, devono classificarsi su due piani ben distinti, affinchè l’arte possa identificarsi nel suo significato e “parlare” al suo pubblico di spettatori.

Marina Lotito

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