La premier inglese Theresa May d’accordo con il partito Conservatore, è pronta dimettersi il 7 giugno, data da lei scelta come giorno in cui si concluderanno i tre anni difficili del suo governo
Le dimissioni di Theresa May
Il presidente del partito Conservatore Graham Brady era pronto per un secondo voto di sfiducia contro la sua leadership al governo se non si fosse dimessa, per questo la premier inglese Theresa May ha fatto un accordo con lui stabilendo di dare le sue dimissioni il 7 giugno
Ci sarà tempo dunque per attendere la prossima visita del presidente Trump a Londra e per accollarsi tutta la colpa per i disastrosi tre anni di governo in cui non si è arrivati a concludere una Brexit fortemente voluta dagli inglesi, come dimostra il probabile successo alle ultime elezioni europee del Brexit party di Farrage e il tracollo del partito conservatore. La May aveva provato ad evitare la fine del suo governo proponendo al parlamento inglese un nuovo documento sulla Brexit in 10 punti che aveva suscitate le ire del suo partito e non aveva trovato intese con l’opposizione europeista dei labouristi
Chi sarà il nuovo premier inglese?
Dopo le dimissioni della May previste per il 7 giugno partirà la ricerca del nuovo premier conservatore. Il nome più papabile al momento è quello dell’ex segretario degli esteri Boris Johnson ma anche altri esponenti dei Tories , come Rory Stewart, sono pronti a scendere in campo
Prima di allora il premier, come già detto, resta Theresa May che stata difesa ai microfoni della BBC dall’amico ed ex segretario di stato Damian Green. “Tutti i primi ministri, alla fine, si assumono la responsabilità di ciò che accade sulla loro guardia, ma penso che sia innegabile che improvvisamente e inaspettatamente diventando primo ministro dopo lo shock sismico del referendum sulla Brexit sei arrivata in un momento difficile per governare. E la verità è che avendo un’elezione un anno dopo, che taglia la maggioranza del partito conservatore, allora [lo rende] impossibile”, ha detto Green che anche parlato di “impazienza e disprezzo” verso la classe politica inglese a causa del mancato accordo sulla Brexit