Torna a galla il vecchio Bunga Bunga. Dopo anni, la testimone chiave del processo del “Caso Ruby Rubacuori“, la modella marocchina Imane Fadil, è morta “per un mix di sostanza radioattive”: questo è quanto emerso dagli esami tossicologici e per tale motivo la Procura di Milano sta indagando per omicidio volontario sul decesso della donna.

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Il Procuratore di Milano Francesco Greco ha riferito che la modella 34enne è morta il 1°marzo all’Humanitas, dove era ricoverata dal 29 gennaio in terapia intensiva e poi in rianimazione. “Temo di essere stata avvelenata”, aveva detto Fadil ai propri familiari. Sul corpo è stata disposta l’autopsia.

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Fadil, ricoverata in terapia intensiva e poi in rianimazione è stata vigile fino all’ultimo istante, nonostante i dolori lancinanti ed il “progressivo cedimento degli organi interni”.

Al decesso della paziente l’Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro di tutta la documentazione clinica e della salma. Il 6 marzo, Humanitas ha avuto gli esiti tossicologici degli accertamenti richiesti, lo ha prontamente comunicato agli inquirenti” – così spiega l’Humanitas di Rozzano, l’ospedale in cui era ricoverata la modella, in una nota – “la paziente è stata ricoverata lo scorso 29 gennaio in condizioni cliniche molto gravi. È stata presa in carico da una équipe multidisciplinare che ha introdotto ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza della paziente, compresi tutti gli approfondimenti diagnostici richiesti dai curanti“.

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La modella è testimone chiave del “Caso Ruby”: nel 2012 Imane ha testimoniato nel processo contro Silvio Berlusconi parlando delle serate “a luci rosse”, del “Bunga-Bunga”, affermando anche che le furono stati offerti soldi in cambio del silenzio.

Martina Onorati