Toxicity, l’incontro-scontro di due mondi contrapposti

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Di Redazione Metropolitan

I System of a Down hanno pubblicato l’album “Toxicity” nel 2001. Il singolo omonimo è uscito come secondo estratto l’11 Marzo 2002 ed è ancora oggi uno dei pezzi più rappresentativi della band.

Toxicity è una denuncia al consumismo

Chi li segue sa bene che la musica dei System of a Down affronta molto spesso temi politici e di denuncia sociale. “Toxicity” non fa eccezioni: tra i versi del brano si sente Serj Tankian parlare di “toxicity of our city” e di “sacred silence and sleep“. La tossicità è quella portata nella cultura occidentale dal consumismo estremo che uccide il libero pensiero e svuota le persone di felicità semplici, fornendo come riempitivi oggetti materiali che danno solo momentanea soddisfazione.

Toxicity
La copertina dell’album “Toxicity”. Immagine web.

Ed è così che intere generazioni si addormentano, il loro silenzio è il maggior sintomo dell’apatia dei nostri tempi. Questa barriera si rompe nel ritornello arrabbiato e frenetico al grido di “disorder“, ribellione, scossa contro il sistema. Il testo della canzone è stato scritto dal cantante Serj Tankian, le musiche sono state composte da Shavo Odadjian e Daron Malakian, rispettivamente bassista e chitarrista della formazione.

Le origini armene dei System of a Down

Ma c’è un secondo livello di narrazione nella canzone, così come nel video. I System sono una band californiana, ma tutti i componenti sono di origine armena, un Paese complicato poiché infestato da corruzione e povertà. E sullo sfondo c’è un genocidio avvenuto un secolo fa, in cui i membri della band hanno perso nonni e bisnonni, una tragedia non ancora riconosciuta dalla comunità mondiale (la Turchia è uno dei grandi negazionisti dell’olocausto degli armeni).

Nel video, dall’impatto visuale dinamico ma semplice, si vede la band suonare in una stanza bianca ed alternativamente in una nera, ma c’è un inframezzo in cui vediamo i quattro componenti dei System seduti su un divano a mangiare semi di girasole, che in Armenia sono una vera e propria tradizione. Anche in “Toxicity” c’è quindi un richiamo alle origini del gruppo, ed anche se i membri sono immersi nella cultura occidentale, il fatto che a Los Angeles ci sia la più grande comunità armena degli States rende ancora molto saldo il loro rapporto con il loro mondo diverso, più povero, più pericoloso e per cui tante libertà occidentali sono ancora utopia.


Francesca Staropoli

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