
Ricorre oggi il 58esimo anniversario della tragedia del Vajont, in cui morirono 1.917 persone. Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963, quando dalle pendici settentrionali del monte Toc si staccò una frana che crollò sul bacino artificiale sottostante, provocando un’onda che portò morte e silenzio nella valle.
270 milioni di metri cubi di rocce e detriti sommersero Erto e Casso e poi Longarone, radendolo al suolo, così come le frazioni di Pirago, Rivalta, Villanova e, parzialmente, Faé. Il numero delle vittime di questa tragedia è approssimativo, poiché molti corpi non vennero mai ritrovati.
Accanto al doloroso ricordo delle vittime, pesa anche quello relativo all’iter giudiziario. Il processo penale ebbe luogo, in fasi successive, a partire dall’ottobre 1968 davanti al Tribunale de L’Aquila e si concluse il 25 marzo 1971, quindici giorni prima che maturasse la prescrizione, in Cassazione. La Suprema Corte aveva accolto l’accusa, dichiarando la prevedibilità dell’evento, per cui frana e inondazione costituivano un disastro colposo.
Ancora più travagliato l’iter del processo civile, giunto alla sentenza di primo grado del Tribunale di Belluno solo nel febbraio del 1997. La Corte d’Appello di Venezia (25 novembre 1998 al 22 febbraio 1999) confermava la sentenza di primo grado condannando la Montedison SpA a risarcire il Comune di Longarone per i danni materiali e morali patiti dalla comunità.
La metà della massa d’acqua scavalca la diga, abbattendosi nella sottostante valle del Piave, provocando la distruzione di sette paesi: Longarone, Pirago, Maè, Rivalta, Villanova, Faè, Codissago, Castellavazzo. L’altra parte dell’onda sale la valle e va a colpire i paesini friulani di Erto e Casso e una miriade di borghi. Verso Longarone, allo sbocco del Vajont, l’onda è alta 70 metri e produce un vento sempre più intenso, che porta con sé, in leggera sospensione, una nuvola nebulizzata di goccioline. Tra un crescendo di rumori, le persone si rendono conto di ciò che sta per accadere ma oramai è troppo tardi, non possono più scappare. È un disastro immane: i morti accertati sono 1.910 (di cui 1.450 solo a Longarone), 460 dei quali bambini sotto i 15 anni. A cui si aggiungono i 10 caduti sul lavoro durante gli anni di costruzione della diga. E poi feriti, case spazzate via, collegamenti interrotti. La geografia dei luoghi, già sconvolta dalla realizzazione della diga, da quel terribile giorno cambia per sempre