La traversata, di Philippe Lançon

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Di Redazione Metropolitan

A 5 anni dalla strage di ‘Charlie Hebdo’, Lançon racconta com’è sopravvivere

"La traversata" di Philippe Lançon Photo: Web
“La traversata” di Philippe Lançon Photo: Web

Philippe Lançon è nato nel 1963 a Vanves. Giornalista e scrittore, scrive per Libération ed è editorialista e giornalista culturale per Charlie Hebdo

Era il 7 gennaio 2015, circa le 11.30 del mattino, quando due uomini armati, vestiti di nero, il volto coperto da un passamontagna, fanno irruzione nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e sparano all’impazzata.

12 morti e 11 feriti, e tra i feriti troviamo Philippe Lançon. Nove mesi di ospedale, quindici operazioni, il volto che una raffica di mitra gli ha strappato viene ricostruito e rieducato, trasformato.

Di lì a poco si sarebbero conosciuti i colpevoli: i due fratelli jihadisti franco-algerini Saïd e Chérif Kouachi.

Lo scorso 8 gennaio la Rizzoli Libri ha pubblicato La traversata di Lançon, la storia della sua traversata, per l’appunto, della sua rinascita, e di come si è riappropriato di se stesso, della sua vita. 

Non è specificatamente dell’attacco terroristico che si parla, semmai è l’incipit di un’odissea ancora più grande.

Il trauma, la paura che Lançon si è ritrovato costretto ad affrontare, lui che nella strage, colpito da due pallottole, è rimasto ferito a una mano e ha perso mandibola destra, parte del labbro inferiore e tutti i denti, la sua mente.

Si parte dalla ricostruzione della giornata del 6 gennaio 2015 e delle prime ore del 7, dagli ultimi momenti di una vita «normale» che non tornerà più, per ripercorrere la strage, dare voce all’orrore, affrontare il dopo e reimbarcare a vivere.

17 operazioni chirurgiche subite in poco più di un anno, trapianti di ossa e innesti di strati di pelle in grado di salvare l’aspetto, ma non senza imporre sofferenze e sacrifici. Lo strazio e la fatica di una guarigione (ancora in corso) che nonostante tutto ha il sapore della rinascita.

Uscito nel 2018 in Francia, ha già venduto 350 mila copie e ha vinto il Premio Fémina, è stato un caso editoriale.

Non è un libro politico o militante. È un memoir. Un eccezionale racconto di un avvenimento orribile.

Un capolavoro. 

Serena Votano