Trentino Volley-Zenit Kazan: cronaca di una Champions sfumata

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Di Redazione Metropolitan

Non serve ricordarsi quanto sia incredibile e piena di successi la storia del Trentino Volley in Europa. Nel 2016, dopo le tre Champions conquistate dal 2009 al 2011, i gialloblù sono tornati in finale contro lo Zenit Kazan.
Un percorso ostico, forse sorprendente, che ha evidenziato il peso della SuperLega italiana fuori dai confini, incoronandoci figurativamente come campionato più competitivo.

Trentino Volley: inizia la scalata

Sestetti come da copione. Stoytchev, sulla panchina di Trento per quella stagione, parte con la diagonale Giannelli-Djuric, affiancati da Antonov e Urnaut in banda e Van de Voorde e Solé al centro, con Colaci libero. Di tutta risposta, sulla panchina dello Zenit, Alekno inizia con Kozbar al palleggio e Mikhailov opposto, i due schiacciatori sono Anderson e Leon, e Aschev e Gutsaliuk i centrali, con Verbov libero.

È un match partito bene per la squadra italiana che tiene bene gli attacchi dei colossi russi. Forse non ancora non ancora focalizzati sulla gara, lo Zenit fatica a trovare movimenti e contromisure: quello che invece all’inizio Trento fa bene. La squadra si Stoychev si dimostra superiore nel muro-difesa, in cui i movimenti di uno sono sempre accompagnati da quelli consequenziali dell’altro.
Entrambe le squadra giocano di tattica anche in ricezione, per entrambe lo schiacciatore di prima linea è sempre il primo indiziato a dover ricevere. In un set dove la differenza è mostrata dall’efficacia in attacco, Djuric e Solè sono i più incisivi: chiamati in causa sono sempre preparati. Assecondati dall’intelligente smistamento di Giannelli, Trento prende qualche punto di vantaggio a Kazan, che resta in scia grazie agli attacchi di Leon e Mikhailov.
Due importanti avvicendamenti nelle file dello Zenit alla fine del primo set. Alekno decide di cambiare regista e di dare spazio a Butko al posto Kozbar e cambia il libero, inserendo Salparov.

I cambi dei russi sono confermati nel secondo parziale, e anche l’andamento della gara rimane pressoché invariato. Butko gradatamente entra negli ingranaggi del sestetto e i suoi attaccanti ne giovano, ma Trento resta sempre pronta e conclude le rigiocate.
Il set avanza punto a punto, condizionato da entrambe le parti da numerosi errori in battuta, fino a quando non è salito in cattedra il regista azzurro. Giannelli fa la voce grossa, si prende la responsabilità di un attacco, di un secondo tocco e condisce il suo smistamento vario con due ace. Il Trentino Volley macina gioco e a metà set distanzia lo Zenit Kazan: con i colpi di Urnaut e Djuric il set si chiude 25-22.

Simone Giannelli, palleggiatore ITAS Diadec Trentino Volley

La salita è troppo ripida

Atteggiamenti totalmente differenti in campo nel terzo set.
Ad uno Zenit agguerrito che preme sull’acceleratore c’è un Trentino Volley più blando e stanco. Obbligata al risultato nel parziale, la squadra russa dopo un inizio equilibrato distanzia con sicurezza gli italiani. Con una formazione ormai quadrata negli uomini, gli attacchi di Mikhailov e Leon sono come fendenti che affondano il sestetto gialloblù.
La stanchezza prevale su Trento che manca di concentrazione e di lucidità in tutti i fondamentali, ma che trovano davanti a sé una squadra quadrata che si supera in copertura. Il cambio tra centrali GutsaliukAschichev aumenta l’intesa e lo smistamento del subentrato palleggiatore, aggiustando quel poco che non girava tra i giocatori di Kazan.
In questo set i demeriti dei giocatori trentini non sono pochi. Sono troppi gli errori in battuta e con un Urnaut fuori giri la ricezione affanna e il contrattacco scende di qualità. Per uno Zenit indiavolato è davvero facile mantenere il vantaggio.

Partenza diversa nel quarto set, dove Trentino parte forte e prova a prendere punti sui Russi. L’intenzione italiana non si protrae: dal 10-7 accumulato, lo Zenit recupera fino ad un 11-10.
Il servizio di Trentino è piano piano sempre meno efficace e anche per questo lo Zenit cresce in ricezione. Leon e Mikhailov sono ancora super, al contrario di Urnaut e Djuric, che sembrano essersi persi per strada.
È qui che si crea il divario: inizia a percepirsi la differenza fisica e di condizione delle due squadre. Trento appare più stanco ed appannato, mentre lo Zenit ancora carico e grintoso. Il coraggio e la voglia delle due squadre si vede dai dettagli: i russi attaccano anche i palloni staccati e mettendo in crisi Trento.

La rosa 2015-16 dopo la finale di Champions League


Si arriva al tie-break dove la voglia di vincere e la grinta diventano protagoniste.
Una partenza testa a testa, che ha in Giannelli il protagonista. I suoi numeri e il suo smistamento sono ancora ottimi dopo 2 ore di gioco, ma con un po’ meno di precisione.
I servizi fotonici dello Zenit creano difficoltà ai ragazzi di Stoycev, che arrancano visibilmente in ricezione: nonostante tutto afferrano il cambio campo sull’8-7.
Il minimo vantaggio non dura molto perchè lo Zenit esce a muro: sono tre i muri consecutivi che bloccano le ricostruzioni di Urnaut e compagni.

Un tie-break giocato più con la testa che con il fisico, soprattutto per Trento. Gialloblù che riescono a trascinare il set fino al 13-12, quando Antonov sbaglia la battuta e consegna il match point agli avversari. Mikhailov sbaglia, e sul cambio palla successivo Leon non perdona e chiude la gara 15-13.

Una gara che ha visto nel calo fisico e nella consapevolezza dei propri mezzi li motivi più influenti per il risultato finale. Una partita a due facce, dove ogni squadra si è espressa al meglio quando ne ha avuto modo, ma decisa solamente da una convinzione mentale e da una condizione fisica differente.

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