Venerdì la Corte Suprema degli Stati Uniti ha annunciato che non intende esaminare con una procedura accelerata se l’ex presidente Donald Trump sia processabile o meno nel caso relativo al suo ruolo nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021.
L’inizio del processo rimane quindi in programma per il prossimo 4 marzo, anche se a gennaio è prevista una decisione sulla posizione di Trump da parte di un tribunale federale: è insomma del tutto probabile che il caso torni davanti alla Corte Suprema, nei prossimi mesi. La decisione di venerdì però è una vittoria per Trump, che sta cercando di posticipare il più possibile lo sviluppo delle indagini e dei processi a suo carico in modo da evitare ripercussioni durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali del prossimo novembre.
Trump è incriminato a livello federale con l’accusa di aver tentato di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020, con l’obiettivo di rimanere in carica nonostante la vittoria del candidato Democratico Joe Biden, l’attuale presidente. Finora si è dichiarato non colpevole per tutti e quattro i capi d’accusa per cui è incriminato, fra cui aver cospirato contro gli Stati Uniti e contro i diritti dei cittadini.
Al di là delle singole accuse, i suoi avvocati sostengono che al tempo Trump godesse dell’immunità presidenziale – un tema su cui negli Stati Uniti i giuristi discutono da decenni – e che quindi non possa essere processato per presunti reati commessi mentre era in carica come presidente. A inizio dicembre un tribunale federale aveva negato a Trump l’immunità richiesta dai suoi avvocati, che avevano presentato appello, bloccando di fatto il processo.
Trump è implicato in molti altri processi e casi giudiziari sia a livello statale che federale: oltre all’assalto al Congresso riguardano per esempio alcuni pagamenti illeciti fatti a un’attrice di film porno, il possesso di documenti governativi riservati, le interferenze nelle elezioni in Georgia e la possibilità o meno di partecipare alle elezioni nello stato del Colorado.