Una nuova tendenza che si sta diffondendo nel nostro paese e nel mondo è senza dubbio lo tsundoku. Questo termine giapponese indica l’acquisto di libri con l’intenzione di leggerli e che poi vengono accumulati senza che essi vengano letti per un certo periodo. Una pratica che nasconde sia lati positivi che negativi.

Tsundoku, un termine giapponese

tsundoku ovvero l'arte di accumulare libri alla giapponese, fonte quotidiano.net
Tsundoku, fonte quotidiano.net

La parola tsundoku è un termine giapponese apparso per la prima volta alla fine dell’800′. Esso deriva dai verbi doku (leggere), tsunde (accumulare) e dalla parola oku che ha il significato di lasciare perdere per un po’. Questo termine infatti indica una tendenza diffusissima, non solo giapponese, di acquistare dei libri per leggerli che invece poi vengono accumulati e non letti per un certo tempo come già in modo simile facevano gli studiosi nel medioevo.

Lo tsundoku però non è un puro e semplice atto di collezionismo ma rappresenta la sete continua di conoscenza del mondo del singolo individuo che lo pratica. Un esempio lampante di esso è la biblioteca di 30000 volumi, donati poi allo stato, che il famoso scrittore e semiologo Umberto Eco possedeva.

il saggista e filosofo Nicholas Nassim Taleb scrisse infatti nel suo saggio intitolato “Il Cigno Nero: l’impatto dell’altamente improbabile (biblioteca pubblica)” che , come riportato da Linea 20, “Lo scrittore Umberto Eco appartiene a quella piccola classe di studiosi che sono enciclopedici, acuti e non noiosi. È il proprietario di una vasta biblioteca personale (contenente trentamila volumi) e separa i visitatori in due categorie: coloro che reagiscono con “Wow! Signor professor dottor Eco, che biblioteca! Quanti ne ha letti?” e, un’esigua minoranza, coloro che colgono che una biblioteca personale non è un’appendice per far sfoggio del proprio ego, ma uno strumento di ricerca. I libri non letti sono infatti ben più preziosi di quelli letti. Una biblioteca dovrebbe contenere tanto di ciò che non si conosce quanto consentono i mezzi finanziari, il mutuo, e le ristrettezze del mercato immobiliare”.

I pro e i contro

Se lo si interpreta con l’idea lanciata da Taleb dell’antibiblioteca e della ricerca costante della conoscenza lo tsundoku non ha affatto un valore negativo. A questo si aggiunge che il fatto stesso di avere dei libri a casa, di annusarli e di sentire il profumo delle loro pagine può alleviare la tristezza di diverse persone. Scriveva infatti, come riportato da Wired, Alfred Edward Newton che “anche quando non si possono leggere, la presenza dei libri posseduti produce una forma di estasi: l’acquisto di più libri di quanti se ne possano leggere è nientemeno che un tentativo dell’anima di avvicinarsi all’infinito. Apprezziamo i libri anche se non li abbiamo letti, il solo fatto di saperli vicini ci fa sentire comodi. Solo saperli disponibili ci trasmette sicurezza”.

Lo tsundoku ha però anche dei risvolti negativi. Un rischio di chi pratica questa tendenza è certamente quello di ritrovarsi con i libri non letti per anni che possono rappresentare un vero e proprio spreco economico. A questo si aggiunge il problema della perdita dello spazio vitale per chi non ha ambienti sufficientemente grandi per ospitare un gran numero di libri accumulati che finiscono poi per riempire stanze e scale. Inoltre il costante accumulo di libri può portare anche i lettori più accaniti in un limbo in cui non si riesce più ad iniziare nuove letture.

Attenzione alla bibliomania

Bisogna fare attenzione quando l’acquisto e l’accumulo di libro è qualcosa di compulsivo che avviene senza alcuna finalità precisa. In questo caso non si tratta di tsundoku ma di bibliomania. Infatti il bibliomane tenderà ad acquistare più volte anche gli stessi titoli per il puro scopo di possedere libri e non riuscirà più a smettere compromettendo il suo spazio vitale e le sue relazioni. La bibliomania infatti è considerata una vera e propria patologia psichiatrica che viene trattata con farmaci e terapie.

Stefano Delle Cave

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