Un nucleare da sogno: la fusione

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Di Redazione Metropolitan

La fusione e la fissione nucleare sono due processi fisici che vedono protagonisti i nuclei degli atomi. Nella fissione un nucleo viene “rotto” in due nuclei diversi, mentre nella fusione due nuclei si fondono dando origine ad un singolo nucleo. In entrambe le reazioni notiamo che nello stato finale la massa è sempre più bassa rispetto allo stato iniziale. Questo “difetto di massa” è ciò che produce energia secondo l’equivalenza di Einstein E=mc2.

A livello teorico ogni nucleo si può rompere e ogni coppia di nuclei si può fondere, ma non tutte le reazioni “liberano” energia; in pratica, per questioni che non spiegheremo in questo articolo, i candidati per utilizzi civili e militari per la fissione sono l’uranio e il plutonio, mentre quelli per la fusione sono due isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio.

L’atomo di idrogeno si trova in natura in tre isotopi diversi: idrogeno, deuterio e trizio. Il primo ha il nucleo formato da un protone, il secondo ha anche un neutrone e il terzo ha due neutroni – Fonte: Isotopi dell’idrogeno

La fusione nucleare viene spesso definita “pulita”, in quanto il prodotto finale della reazione è l’Elio, un gas non inquinante e non radioattivo; mentre con la fissione si producono isotopi radioattivi che rimangono tali per migliaia di anni, con il conseguente problema della gestione di queste scorie.

L’energia liberata nella fissione è molto minore di quella liberata nella fusione: per dare un’idea, 1 grammo di uranio libera una quantità di energia termica corrispondente alla combustione 3 di tonnellate di carbone, mentre la fusione di 1 grammo di nuclei di deuterio e trizio equivale a 11 tonnellate di carbone. Ma allora, perché le centrali nucleari operative nel mondo sono solo a fissione?

La risposta è semplice: replicare sulla terra lo stesso meccanismo che avviene nelle stelle non è banale. Per ottenere la fusione dei nuclei occorrono condizioni particolari, in modo tale che la reazione si possa auto-sostenere.

Un metodo, considerato per ora il più promettente, è quello del reattore basato sul tokamak, idea degli anni ’50 di due scienziati sovietici. Si tratta di una macchina a forma di toroide in cui gli isotopi dell’idrogeno, riscaldati fino a diventare plasma, sono confinati magneticamente. Per sua natura questo plasma emette energia sotto forma di raggi X, tendendo di conseguenza a raffreddarsi se non viene mantenuto il riscaldamento.

Il tokamak Alcator C-Mod, operante dal 1991 al 2016 al Massachusetts Institute of Technology – Fonte: Alcator C-Mod

E’ stato però dimostrato teoricamente che per alcuni valori di temperatura e densità di plasma, l’energia emessa dalla reazione di fusione è maggiore di quella immessa nel sistema per innescare la reazione. A differenza di un reattore a fissione, quello a fusione non presenta instabilità tali da causare incidenti tipo Fukushima o Chernobyl. Una piccola variazione delle condizioni del plasma ne causerebbe lo spegnimento immediato.

Di macchine a fusione sperimentali di questo tipo ne sono state costruite molte. JET è il più grande attualmente in operazione, nel 1997 ha stabilito il record mondiale di energia prodotta per fusione (16 MW). Nella vicina Francia, a Cadarache, è oggi in costruzione ITER, mentre DEMO dovrebbe seguirlo in Giappone.