23 ottobre 1956, Budapest: oggi Metropolitan Today ricorda la rivolta dell’Ungheria contro il regime sovietico guidata da Imre Nagy
Ungheria post bellica, tra crisi economica e limitazione della libertà
Budapest, Ungheria, 23 ottobre 1956. Su ordine della AVH, Allam védelmi hatosàg, polizia segreta ungherese, i cecchini iniziano a sparare sui manifestanti che protestano in modo pacifico. Si tratta di studenti a cui poi si aggiungono migliaia di ungheresi. Solidarizzano con la manifestazione degli operai polacchi di Poznan. Il governo l’ha repressa in modo violento.
A guidare la protesta il riformista cacciato dal partito Imre Nagy
Anche l’Ungheria, come la Polonia versa in condizioni economiche e sociali pessime e presto la protesta si trasforma in una rivolta al governo di Matyas Rakosi, fedelissimo di Stalin. Si chiede che nel Paese prenda il via un processo di democratizzazione. Alla guida del movimento riformista Imre Nagy, ex primo ministro allontanato dal regime e dal partito, per la sua opposizione al regime stalinista.
Ungheria e Polizia segreta
Ma c’è anche l’esigenza di affrancarsi dalla pressione sovietica, con una classe media e mercantile messa in ginocchio, in un territorio abituato al benessere dell’impero austroungarico. A cui si aggiunge il clima di sospetto dove si susseguono arresti e torture da parte dell’AVH. Si chiedono le dimissioni dei vertici.
L’esercito si schiera con i manifestanti e i russi si ritirano…
La reazione è immediata e violenta e la situazione precipita in poche ore. L’esercito delle forze armate nazionali ungheresi guidate dal generale Pal Maléter si schiera dalla parte dei manifestanti. Questo, alla fine, fa retrocedere le forze dell’Armata Rossa. Una vittoria accompagnata da un intenso clima di speranza, a tratti anche euforica. Alimentato dal desiderio di un cambiamento che si scontra con la supremazia militare russa e il non intervento degli occidentali.
… ma l’Occidente non interviene
Troppo rischioso infatti, un intervento nella situazione di drammatico antagonismo politico e ideologico che si è creata tra le due superpotenze che si sono spartite l’Europa dopo la guerra. L’Urss, a cui la rivolta magiara è indigesta, è pronta a entrare in azione. Dopo il ritiro delle truppe, intanto, l’Ungheria si gode le poche settimane di libertà, con i propositi riformisti di Naghy. L’ex ministro chiede un socialismo che sia ottenuto con le elezioni e lo svincolo dal Patto di Varsavia.
Il duro contrattacco russo
Dalla Jugoslavia il presidente Tito, che cerca di moderare la situazione con entrambi gli schieramenti, consiglia il compromesso. Non viene ascoltato e per la rivolta ungherese è la fine. Le truppe dell’Armata rossa agli inizi di novembre vanno al contrattacco con squadriglie di caccia e bombardieri che irrompono sulla capitale, poi sull’intero Paese e in due settimane lo affossano.
L’Ungheria di Janos Kadar
Migliaia i morti, si susseguono esecuzioni sommarie e violenze sulla popolazione, mentre per i superstiti non rimane che la fuga all’estero. Viene imposto il preconsole Janos Kadar. Kadar riesce a tendere una trappola a Nagy. Gli promette che non sarà ucciso se si consegna spontaneamente. Invece viene processato e impiccato, mentre lui eredita un paese in cui cercherà di ammorbidire la censura verso gli intellettuali e attuerà una moderata apertura all’Occidente.
Le altre ricorrenze
23 ottobre 1998: firma dell’accordo israelo-palestinese Trra in cambio di pace, presiede Clinton
Il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, esponente della destra uscito vincitore dalle elezioni parlamentari in Israele nel 1996 e Yasser Arafat, presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, raggiungono, dopo un periodo di gravi tensioni nei territori, l’accordo sul programma “Terra in cambio di pace“, sotto l’egida del presidente americano Bill Cinton.
La formula prevede il parziale ritiro delle truppe israeliane dai territori palestinesi in cambio della cessazione delle ostilità da parte dei palestinesi verso i coloni. L’accordo avviene sulla base degli Accordi di Oslo del 1993, in cui è stata istituita un’Autorità palestinese con il compito di autogovernare in modo limitato alcune parti della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Sempre a Oslo, Israele ha riconosciuto l’Organizzazione per la liberazione della Palestina guidata da Arafat come partner di Israele nei negoziati sulle questioni in sospeso: i confini tra Israele e Palestina, gli insediamenti israeliani e la presenza militare di Israele nei territori palestinesi.
23 ottobre 2011: muore il pilota Marco Simoncelli
A Sepang, durante la gara del Gran Premio della Malesia, il pilota italiano Marco Simoncelli, che corre su Honda RC212V è vittima di un incidente che gli costa la vita. Perde il controllo della sua moto e viene colpito dagli altri due motociclisti Colin Edward e Valentino Rossi che sopraggiungono e non hanno modo di evitarlo. Simoncelli subisce traumi a collo, testa e torace e muore sul colpo.
I funerali, celebrati nella parrocchia di Coriano, il suo paese, il 27 ottobre, vengono trasmessi in diretta televisiva e l’evento ha una grande risonanza mediatica. Nel 2016 è stato deciso il ritiro del suo numero di gara, il 58, per onorare la sua memoria.
Dopo la sua morte tifosi e appassionati hanno proposto di intitolare a lui la pista di Misano Adriatico, a poca distanza dal posto in cui abitava il campione. La richiesta è stata accolta dal Consiglio di Amministrazione della Santamonica Spa, che gestisce il tracciato. Il cambio della denominazione è diventato ufficiale il 9 giugno 2012, durante il Gran Premio Superbike di San Marino.
a cura di Anna Cavallo