USA, niente accordo tra Democratici e Repubblicani. Scatta lo shutdown

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Di Redazione Metropolitan

Si chiude male il primo anno di presidenza per Donald Trump. Nella notte è fallito l’accordo con i Democratici per il rifinanziamento del bilancio ed è stata innescata la procedura di shutdown.

Dovrà rimandare i festeggiamenti previsti per il suo primo anno di mandato. Tutto era pronto nel residence in Florida, ma nel braccio di ferro tra i due partiti Donald Trump non l’ha spuntata. Adesso è previsto lo shutdown, il blocco di gran parte delle attività federali.

Il principale oggetto della contesa sono state delle garanzie sull’immigrazione, non inserite dalla maggioranza nella legge di rifinanziamento. Nello specifico il programma che impedisce l’espulsione e facilita l’inserimento degli immigrati irregolari arrivati negli Stati Uniti da bambini, introdotto da Obama e sospeso da Trump lo scorso settembre. In realtà, una commissione di rappresentati Repubblicani e Democratici era arrivata a un documento condiviso, ma è stata proprio la Casa Bianca a respingerlo.

Cosa è lo shutdown.

Le normative statunitensi prevedono che tutte le attività federali necessitano di fondi garantiti, finanziati da un’apposita legge di bilancio. Quando non si trova un accordo, si innesca lo shutdown, ovvero l’interruzione dei servizi non essenziali. Il compito di definire quali siano è deputato ai direttori delle varie agenzie. Generalmente si tratta di Musei e Parchi Nazionali, interruzione delle attività di ricerca. Restano a casa anche i dipendenti della NASA non necessari. Rimangono invece attivi i principali dispositivi di Sicurezza Nazionale e sono garantiti i servizi sanitari essenziali.

L’ultimo shutdown risale al 2013 e durò 16 giorni. I Repubblicani a avevano da poco riconquistato la maggioranza alla Camera e votarono no al finanziamento, in opposizione all’Obamacare. Oggi la situazione è differente, in quanto i Repubblicani controllano tutti gli organi federali. Un segno di debolezza di un’amministrazione al minimo storico di gradimento, con le elezioni di metà mandato il prossimo novembre che potrebbero minarne ancora di più l’operatività.

Il reciproco scambio di accuse

Immediata la reazione di Trump, che in un twitstorm ha accusato i Democratici di preferire gli immigrati irregolari alle Forze Armate, di essere irresponsabili, dei perdenti ostruzionisti e di aver voluto il blocco per derubricare la riforma delle tasse di recente introduzione. L’opposizione rimanda al mittente le accuse e, per bocca del leader al Senato Chuck Shumer afferma che «questo passerà alla storia come lo shutdown di Trump», simbolo del caos innescato negli Stati Uniti dall’insediamento del tycoon alla Casa Bianca.

Nella disputa si inserisce anche il Senatore John McCain, Repubblicano lontano dalle posizioni del presidente. Divide le colpe, dichiarando che lo shutdown «è un diretto risultato della rottura della cooperazione al Congresso» e che «entrambi i partiti sono responsabili della situazione».

Per scongiurare il blocco, in molti sperano nell’accordo in extremis durante il week end. In caso contrario, da lunedì, molti dipendenti federali resteranno a casa.