Raggiunto un accordo di massima tra gli Stati Uniti e i Talebani. Dopo sei giorni di colloqui in Qatar, le due parti sarebbero giunte alle condizioni per la firma. L’eventuale sigla metterebbe fine a una guerra che dura da 17 anni, causato mezzo milione di vittime e decretato la sconfitta della coalizione.

I Talebani si impegnerebbero a contrastare in futuro l’installazione in territorio afgano di organizzazioni terroriste. Di contro gli Stati Uniti sarebbero disposti a ritirare i 14.000 soldati che ancora si trovano in Afghanistan. Il condizionale è d’obbligo, prima della firma tutto è possibile, e anche dopo di essa rimangono alcuni interrogativi. Primo fra tutti il rapporto tra i Talebani e il Governo di Kabul. A più riprese i capi del movimento hanno definito l’esecutivo ora guidato da
 Ashraf Ghani un “fantoccio” degli statunitensi. Quando le truppe USA lasceranno il paese, quali potranno essere i rapporti tra queste due fazioni?

Questa è la domanda da porsi, visti anche gli esperimenti passati, dove ci sono accordi di pace in cambio di una ritirata, il rischio è di lasciare il paese peggio di quando si è arrivati. L’instabilità politica in Afghanistan è un fatto acclarato e endemico. Se da una parte è vero che i Talebani sono cosa ben diversa da AlQaeda, è altrettanto vero che sotto il loro “governo” i Jihadisti avevano trovato riparo e protezione. Siglare un accordo con loro equivale a legittimare questa componente che nulla ha a che vedere con i principi democratici di cui la coalizione si faceva portatrice.

L’accordo prevede anche l’impegno talebano di non imporre la legge coranica. Occorre considerare però l’influenza dei talebani nella aree rurali del paese. Ormai da qualche anno, la coalizione si è concentrata sul controllo dei grandi centri, lasciando le zone periferiche in mano alle forze di sicurezza afgane. Questa strategia è servita da “apripista” all’eventuale accordo sopracitato. Soprattutto è stata una presa di coscienza dell’appoggio popolare di cui i Talebani godono in molte zone dell’Afghanistan.

Per quanto riguarda il ruolo dell’Italia, il Ministro Trenta si dice ottimista sui tempi del ritiro delle nostre truppe, stimati in 12 mesi. Un intemerata che non è piaciuta ai colleghi leghisti. Glaciali, fonti del “Carroccio” dichiarano:

“Al momento nessuna decisione è stata presa ma solo una valutazione da parte del ministro per competenza”.

Un accordo di pace è sempre una buona notizia, salvo poi tirare le somme di una guerra iniziata e mai portata a termine. Dopo l’Armata Rossa negli anni 80, adesso anche la coalizione guidata da Washington prende atto dell’impossibilità di controllare il territorio dell’Afghanistan senza l’appoggio dei Talebani. Gli stessi talebani che pochi giorni fa hanno fatto un attentato causando 200 vittime nei pressi di Kabul. Gli stesi talebani con cui gli Usa si apprestano a firmare un accordo di pace che puzza tanto di sconfitta.