Presentato nel Fuori Concorso del Torino Film Festival, Vera de Verdad (Io sono Vera) è il primo lungometraggio di Beniamino Catena. Nato dalla profonda esigenza del regista di raccontare l’invisibile e l’ignoto senza però allarmare, di trovarne la luce in una narrazione che è un “atto di fede laico”, come lui stesso lo ha definito, incorniciato in una collisione di generi che sfocia nel realismo magico. Vera de Verdad racconta una storia al limite del reale esplorando la sfera non visibile ma percepibile di sentimenti ed emozioni. L’amore ed il dolore, la presenza e l’assenza, il senso dell’infinito e di connessione tra le anime.
Vera de Verdad: la trama
Vera (Caterina Bussa) è una bambina di undici anni dagli interessi particolari. Ha domande non comuni, una visione del mondo che va al di là del materiale e finisce dritta nell’universo, nell’infinito, nell’inspiegabile. Insieme al suo professore preferito (Davide Iacopini) si trova su una scogliera in Liguria per dire addio alle ceneri della sua cagnolina Luna, e lì scompare misteriosamente senza lasciare traccia.
Mentre il professore viene ritenuto responsabile, dall’altra parte del mondo, in Cile, un uomo clinicamente morto si risveglia improvvisamente e continua a sognare pezzi di ricordi di Vera. Passano due anni, pieni di ricerca interiore per il cileno Elias (Marcelo Alonso) e di dolore per i genitori della bambina, e tanto misteriosamente quanto la sua scomparsa, una giovane donna (Marta Gastini) che dice di essere Vera viene ritrovata proprio vicino a quella scogliera dove la bambina era scomparsa.
Io sono Vera
È stata una sfida per Marta Gastini interpretare il ruolo di Vera. Un percorso ricco di domande e di ricerca di equilibrio tra tre personaggi: la bambina, la trentenne ed Elias. Da qui anche la scelta di tagliare i capelli, per creare l’immagine di una persona quasi aliena ed androgina. Marta Gastini ha messo da parte l’aspetto della storia più difficile da comprendere, quello dell’ignoto e dell’invisibile, concentrandosi a vivere la storia di Vera basandosi sul rapporto tra lei e i vari personaggi, tra lei e i sentimenti e le emozioni.
Il risultato è un personaggio visibilmente in bilico tra il tangibile e l’infinito, che si ha la sensazione si muova su un delicato filo di confine tra ciò che gli altri personaggi vedono e comprendono e una dimensione astrale. Con la sua Vera attraversa tutte le fasi della vita fino ad esplorare il rapporto con la morte. Non percepita però in quanto cessazione di esistere, ma quasi come conclusione di un racconto, come ricongiungimento ad un ciclo vitale più alto ed astratto.
Tra mare e terra, “dove c’è il fuoco”
Vera de Verdad esplora il rapporto tra la vita, la morte e l’invisibile confine tra di esse dove si nascondono le emozioni ed i sentimenti. La paura e l’accettazione, la solitudine e l’unione con l’universo. E lo fa offrendo il contrasto tra le ambientazioni della storia. Da una parte abbiamo la Liguria con il suo mare blu, la roccia e la montagna che ne definiscono la costa baciata dal sole. Dall’altra c’è il Cile, il deserto dell’Atacama che è il posto geografico più vicino alle stelle, dove la terra ocra confina con un cielo infinito infuocato dalla luce del sole.
“Dove c’è il fuoco”, il mantra che Vera ed Elias continuano a ripetere e del quale solo al termine del film scopriamo il senso. Dove c’è il fuoco c’è il sole, il sole è una stella, e fin dall’inizio capiamo che le due esistenze che si scontrano ed incrociano sono come due stelle che vanno in collisione. Ma allo stesso tempo dove c’è fuoco c’è luce, e dove c’è luce c’è salvezza e pace.
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Articolo a cura di Eleonora Chionni