Una buona carriera passata, per la maggior parte, nel nostro calcio. Il suo talento, oltretutto, lo ha portato a vestire la maglia della Bielorussia per 52 volte siglando 13 reti in campo internazionale. Vitali Kutuzov ha calcato i campi del calcio nostrano dai primissimi anni 2000 fino al 2012. Esordio al Milan e finale di carriera al Bari: Antonio Conte e Gian Piero Ventura come mentori, oggi sviluppa un software che potrà aiutare le società di calcio. Lo definisce “rivoluzionario“.
L’intervista a Vitali Kutuzov
Una bella chiacchierata con Vitali Kutuzov, calciatore bielorusso che si è messo in mostra soprattutto nel nostro calcio legando la sua carriera all’Italia. Ecco cosa ci ha raccontato l’ex calciatore di Milan, Bari, Sampdoria, Parma, Pisa ed Avellino:
Le stagioni positive al Bate Borisov sono state il trampolino di lancio verso il calcio italiano: nel 2001 l’approdo a Milano, sponda rossonera, dove ti sei aggregato a un gruppo stellare. Come è stato l’impatto con quella squadra di campioni?
“Quando a ventuno anni arrivi in una realtà dove Paolo Maldini, il capitano della squadra, tutti i giorni arriva per primo agli allenamenti e va via per ultimo, rifletti e ti rendi conto di dove ti trovi. Un capitano che ha sempre il sorriso, che ti stringe sempre la mano, un capitano che per me è sempre rimasto l’esempio di come dovrebbe essere un calciatore vero. Questo esempio l’ho portato con me per tutta la mia vita e volevo essere così come lui, ho sempre cercato di comportarmi in quel modo: aiutare i giovani, collaborare con il mister, portare al massimo la mia positività. Il Milan è stata un’esperienza unica: mi ha dato la possibilità di lavorare fisicamente in diversi modi, con un diverso spirito, ho trovato più punti dove poter migliorare.
L’esempio per i giovani: “Il Milan era una squadra all’avanguardia che mi ha aiutato a essere competitivo. Appena arrivato ero un ragazzino, il Milan mi ha dato la maturità giusta. Durante quella stagione ho sempre dato il massimo, mi sono divertito e ho dimostrato di essere un ragazzo che lascia tutto sul campo. Questo spirito mi ha aiutato per il resto della mia carriera, ogni allenatore con il quale ho lavorato è stato sempre colpito dal mio atteggiamento. Se sai di aver dato sempre il massimo è più facile andare avanti, anche nei momenti di difficoltà. Questo è l’idea che cerco di trasmettere ai giovani: essere sempre naturali, dare il massimo, provarci sempre.“
L’anno seguente, tra le fila dello Sporting Lisbona, hai diviso il reparto offensivo con un giovanissimo Cristiano Ronaldo. Quali erano i fattori che, già da allora, facevano presagire di trovarsi davanti a un fuoriclasse? È stato facile trovare l’intesa con lui in campo?
“In ritiro eravamo in stanza insieme, io appena arrivato a Lisbona e lui un giovane salito dalla seconda squadra. Avevo avuto l’esperienza al Milan che era il massimo in quegli anni e Cristiano mi faceva qualche domanda. Spesso giocavamo insieme, sulle fasce opposte, e dopo le partite ci confrontavamo su come migliorare. Lui era al primo anno da professionista e ha fatto bene in quella stagione. Si vedeva subito la sua qualità, velocità e rapidità, sicuramente gli mancavano ancora i componenti fisici che poi ha sviluppato a Manchester. Nel suo percorso ha incontrato le persone giuste e ha giocato nelle migliori squadre del mondo che l’hanno aiutato ad arrivare tra i migliori.“
Hai giocato per dieci anni in Italia tra Milan, Sampdoria, Avellino, Pisa, Parma e Bari; qual è la città a cui sei più legato e quale quella dove hai espresso il tuo miglior calcio?
“L’anno in cui si è concentrata tutta la gioia e la bellezza del calcio è quello del Pisa, è stato un solo anno ma ha lasciato un segno ai tifosi, alla piazza. Sono tornato a Pisa per l’inaugurazione di una mostra e ho ricevuto una grande accoglienza dalla gente. Poi Bari dove ho trascorso più anni ed è stata un’esperienza diversa: ci sono stati periodi bellissimi e periodi bui ma è comunque stata una bella esperienza. Mi sono rimaste tante amicizie a Bari: sia gente vicina al mondo del calcio che persone conosciute un giorno per la strada. Recentemente ho sentito Enzo Tamborra, con cui ho una grande amicizia. Anche a Genova ho bellissimi ricordi: sono stato all’ultima partita di Francesco Flachi e dopo tanti anni i tifosi ancora cantavano “alè Vitali Kutuzov ”, la gente mi vuole bene perché ho sempre dato l’anima in campo per me e per i compagni. È bello sapere di aver regalato emozioni uniche alla gente, di aver fatto qualcosa di importante.“
Negli anni di Bari la coppia d’attacco Kutuzov-Barreto ha regalato partite e giocate memorabili. Come è nato questo duo avviato da Conte e portato avanti da Ventura?
“A quei tempi il mister e la dirigenza del Bari furono molto intelligenti nel fare acquisti miratissimi per il gioco che volevano fare. Mi sembrava di essere a Bari da anni, mi sono inserito bene nel contesto e riuscivo a dare il massimo. Con Vitor l’intesa è nata facilmente, ogni tanto basta poco per fare un bel gioco: crederci, avere idee chiare e fiducia nei compagni. Quando facevo il velo ero certo di avere Vitor alle spalle, eravamo sempre vicini e poi grazie all’organizzazione del gruppo e del mister riuscivamo a fare bene queste giocate. Vitor è un grande giocatore, sulla sua qualità non ci sono dubbi.“
Pochi mesi fa sei intervenuto in una conferenza stampa di Antonio Conte che in quella occasione ha ricordato i tempi del 4-2-4 a Bari. Tra gli allenatori che hai avuto chi è quello a cui ti ritieni più vicino come idea di gioco?
“Soprattutto a Bari ho avuto due grandi allenatori: Antonio Conte e Gian Piero Ventura. Per me loro sono due maestri. Hanno età diverse e mentalità diverse ma sono molto vicini come idea di gioco e in quegli anni erano l’avanguardia del calcio italiano. Ognuno dei due mi ha insegnato molto. Ventura aveva più esperienza come allenatore ma mister Conte ha un’esperienza da calciatore unica così come i suoi metodi di lavoro che a Bari abbiamo affrontato con il professor Veltrone. Per me è stata una fortuna incontrare Veltrone, mi ha cambiato la filosofia di lavoro: a trent’anni sono riuscito a trovare nuove riserve fisiche e a scoprire nuovi modi di lavorare”.
Vitali Kutuzov continua: “A Bari con lui lavoravamo tantissimo ma raccoglievamo i frutti, sapevo che lavorando così la domenica non ci prendeva nessuno. Il presidente Matarrese mi chiamava “Russo” perchè conosceva il mio modo di allenarmi e di lavorare, con lui ho avuto un rapporto pulitissimo; a Bari molti lo criticavano non so perché, forse perché pretendevano qualcosa di più, ma poi quando è passato il tempo hanno capito che persona è stata. Oggi come oggi dove trovi un presidente così, è dura. Quando è andato via mister Conte mi è dispiaciuto tantissimo perché avevo trovato davvero una sincronia con il mister e con i collaboratori. Quell’estate ero preoccupato per il nuovo allenatore, ma quando è arrivato Ventura sapevo con sicurezza cosa potevamo fare in serie A con lui, sulla base di quanto aveva già fatto mister Conte.“
La stagione in serie A con Ventura si rivelò grandiosa. All’esordio in campionato, a San Siro, il Bari fermò l’Inter che qualche mese dopo avrebbe conquistato il triplete. Un tuo goal fissò il punteggio sull’uno a uno. Cosa ricordi di quel match e di quella stagione memorabile?
“Arriviamo a Milano dopo un ritiro estivo in cui avevamo perso tante partite e con una difesa centrale giovane e completamente nuova, composta da Ranocchia e Bonucci. Tutti giustamente avevano dubbi sulla squadra ma poi giocammo una partita bellissima, il nostro fu un bel goal, arrivato con una bella azione. Loro avevano giocatori più forti fisicamente, tecnicamente e più veloci ma noi con il gioco riuscimmo a trovare il meccanismo per mettere in difficoltà una squadra di campioni e giocare alla pari. In quella stagione solo il Bari rimase imbattuto contro l’Inter. Dopo la partita tutti i dubbi sul Bari furono cancellati. La squadra girava bene, a Natale eravamo già salvi e siamo arrivati vicino alla zona coppe.“
Qualche mese fa hai condiviso un video dello stadio San Nicola, ricordando con affetto la passione e il calore dei tifosi biancorossi. Segui ancora la squadra e cosa pensi della nuova gestione De Laurentiis?
“Il Bari oggi come oggi è in buone mani, è gente che ha esperienza. Speriamo che queste mani aiutino la città a diventare fondamentale nella mappa del calcio italiano. Certamente devono passare certi momenti, certe difficoltà ma qualsiasi vittoria non è facile. Continuo sempre a seguire il Bari e spero di rivederlo presto in alto, dove merita di essere.“
Vitali sono passati diversi anni dal tuo addio al calcio giocato, com’è la vita da ex calciatore e qual è la tua principale attività attualmente?
“Attualmente sto sviluppando un software per società di calcio, potrà essere un software rivoluzionario per il mondo del calcio, tipo un fantacalcio ma sulle squadre reali: un sistema che porta investimenti, che aiuta le società in questi momenti di crisi. Si tratta di un prodotto molto tecnologico che verrà presentato prossimamente. Lavoro anche con giovani calciatori e scuole calcio. In questo periodo sto scrivendo un libro riguardo il percorso da calciatore e come affrontarlo, potrà essere molto utile ai giovani che si avvicinano al mondo del calcio.“
Michele Tedesco
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