Watchmen | Recensione ottava puntata

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Di Redazione Metropolitan

Manca una sola puntata alla fine di “Watchmen”, la serie HBO scritta da Damon Lindelof. Dopo una lunga – e a nostro giudizio deludente – cavalcata, quali sono le nostre impressioni sull’ottava puntata?

La scorsa puntata di “Watchmen” si era conclusa con Angela che uccideva – all’apparenza – il marito Cal, rivelando che si trattasse dell’involucro umano dentro al quale si nascondeva il Dottor Manhattan. Gli uomini del Settimo Cavalleria/Ciclope, scovata l’ubicazione del Superuomo azzurro, circondano la villetta di Angela con l’intento di ucciderlo per prendere il suo potere. Tramite dei flashback scopriamo come il dottore, dopo il 1985, non rimase su Marte bensì decise di creare la vita su Europa (il satellite di Giove). Nacquero i due individui che vediamo di solito con Veidt – chiamati Adamo ed Eva -. I loro volti appartenevano a due persone inglesi presso le quali si rifugiò da piccolo con suo padre.

Watchmen | Recensione ottava puntata
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Photo Credit: WEB

Jon, in seguito, innamoratosi di Angela, assume le sembianze di Cal, un uomo morto e senza parenti. Tuttavia, la sua natura sovrumana inibisce la redazione tra i due, così, tramite Veidt (che in cambio chiede di essere trasferito su Europa), si fa impiantare un congegno nel cervello che annichilisce la sua memoria. Si tratta di un congegno che agisce tramite la struttura di tachione. La stessa struttura sta alla base dell’arma che il Settimo Cavalleria vuole usare per ucciderlo. Jon, liberato dall’involucro, cerca di aiutare Angela che vorrebbe salvarlo da un destino che pare inevitabile e, benché lui provi a opporsi per salvaguardare la donna, sa già che non ha possibilità contro l’arma. Forse perché non vuole.

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Il migliore episodio di questa serie su “Watchmen”, senza alcun dubbio. Da un punto di vista strettamente narrativo, la storia procede senza grosse forzature, giacché la barriera di tachione, fisicamente, è un fenomeno che potrebbe creare delle falle nel concetto di spaziotempo che conosciamo, pertanto, per colui che vive il paradosso temporale come un unico istante, essa si pone effettivamente come unica struttura capace di scalfirlo. La scena del dialogo a distanza di dieci anni tra il Dottor Manhattan, Angela e Will è scientificamente stupefacente.

Tuttavia resta un dubbio sul perché Jon, tra sette miliardi di persone, si sia ritrovato proprio a Saigon nel 2009 deciso a innamorarsi di Angela. Forse è per la scarsa caratterizzazione della donna che fatichiamo a immaginarci perché abbia preferito lei, decidendo di tagliare definitivamente ogni contatto con Laurie, facendole credere di essere su Marte. Appare interessante lo stratagemma del voler ritornare uomo per poter vivere i sentimenti umani, però non si riesce a trovare un senso a questa scelta.

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A questo punto possiamo chiaramente dire che Angela e Cal, sinora, si sono dimostrati due grosse occasioni sprecate. Per sei puntate Cal è stato impalpabile, mentre Angela è stata solo la fiera degli stereotipi. E continua a esserlo in questa puntata, soprattutto perché non vuole avere rapporti con un individuo bianco, preferendo un nero. Perché ridurre la questione razzista a queste scelte così sempliciotte? La tematica del razzismo è stata trattata davvero male in questa serie; ha cercato di rifarsi ad alcune scelte di Alan Moore, il quale, nel “Watchmen” graphic novel, come detto, fu decisamente più raffinato e allusivo.

Ricordiamo, inoltre, che la volontà del Settimo Cavalleria è quella di prendere il potere di Doc Manhattan per conquistare la supremazia bianca. Ecco, possiamo dire che in questa serie mancano le motivazioni. Estetica portata all’ennesima potenza, ma parecchie lacune nelle motivazioni. I personaggi sono vuoti, privi di uno sviluppo antecedente. Questo è il vero problema della serie: manca di una back story degna di questo nome. Anche la scelta di Veidt di abbandonare la Terra per andare su Europa sembra assurda, soprattutto se si considera che il suo desiderio fosse rendere la Terra simile all’Utopia di sir Thomas More. Abbandonarla a metà dell’opera è inconcepibile.

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Infine, l’intero episodio pecca di eccessivo didascalismo. Troppe spiegazioni. Lo sapevamo, l’avevamo detto: ci sarebbero stati gli spiegoni alla fine, quindi viene naturale chiedersi: invece di inzeppare di orpelli le puntate precedenti, non sarebbe stato meglio anticipare qualcosa? Spiegare della barriera di tachione prima ci avrebbe permesso una narrazione più fluida, per fare un esempio.

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Sospendiamo il giudizio nell’attesa dell’ultima puntata. Sperando che l’unica cosa positiva – la presunta uccisione del Dottor Manhattan – non sia mandata all’aria. Dobbiamo comunque dire che il “Watchmen” tragicomico delle prime quattro puntate è sparito, finalmente, lasciando il posto a un “Watchmen” più sobrio e sensato. Anche se la mancanza di motivazioni e di back story lascia pensare che questa serie sia solo estetica, priva di un qualcosa da raccontare.

MANUEL DI MAGGIO

Ecco la recensione della precedente puntata

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