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Watchmen | Recensione quinta puntata

Continua la serie TV della HBO su “Watchmen”. Dopo i risultati abbastanza deludenti delle precedenti quattro, come ci è parsa questa quinta?

Photo Credit: WEB

Partiamo col raccontare brevemente la trama. Wade, ossia il poliziotto con la maschera riflettente che abbiamo visto nella prima puntata, tramite un flashback, ricorda di essersi ritrovato a Hoboken (in New Jersey, ma nell’area metropolitana di New York) nel giorno in cui arrivò il calamaro alieno mandato da Adrian Veidt/Ozymandias. Tale evento lo ha colpito nel profondo, soprattutto perché all’epoca era un giovanotto cattolico di stampo fondamentalista che tentava di convertire dei ragazzi punk alla morale cattolica.

La storia, nel 2019, lo vede disincantato e perennemente assoggettato alla paura che si verifichi un altro evento del genere. Conosciuta una donna che millanta gli stessi problemi, Wade finisce di soppiatto all’interno di un raduno del Settimo Cavalleria, senza rendersi conto che era tutto un piano del loro capo per portare proprio Wade a loro. Il loro capo, toltosi la maschera di Rorschach, si rivela essere il senatore già visto nelle precedenti puntate. Tramite Wade, vuole mettere le mani su Sorella Notte, presunta assassina di Crawford, e il modo che ha per convincere Wade è quello di fargli vedere un filmato registrato da Veidt e destinato al presidente Redford nel quale confessa il suo piano. Con una cimice piazzata da Laurie sul tavolo, l’ex-Spettro di Seta arresta Angela Abar in quanto occultatrice di suo nonno, presunto vero carnefice di Crawford.

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Cominciamo la nostra analisi dicendo qualcosa nel quale avevamo perso tutte le speranze: questa puntata non ci è dispiaciuta. È una puntata più semplice, meno ampollosa e meno elefantiaca delle precedenti. La storia di Wade ha una struttura abbastanza semplice, ma è molto efficace. Primeggia perché asciutta e priva di orpelli inutili – o meglio, non del tutto priva, ma ci arriveremo –.

Se analizziamo la puntata in sé, si potrebbe dire che la trama dà una discreta soddisfazione al fruitore, ma bisogna specificare una cosa: dopo tutto il processo fatto nelle precedenti puntate, che lo scopritore della vera identità del Settimo Cavalleria sia Wade risulta abbastanza anti-climatico. È come se tutto ciò che fosse stato costruito in precedenza si fosse sciolto.

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L’apparizione di Rieu della scorsa settimana, la cui storia pareva voler esplodere nel finale, si è praticamente dissolta nel nulla, stavolta. Il nonno di Angela, apparso sin dal primo episodio, e che sembrava dover rivelare qualcosa di fondamentale lunedì scorso, adesso viene appena nominato nel finale dalla nipote. Sembrerebbe come se Lindelof, invece di costruire finalmente quel climax, abbia deciso di disgregare totalmente la tensione per questa puntata.

Da un punto di vista drammaturgico, mancando quattro puntate, sembrerebbe che gli autori abbiano deciso di rallentare il ritmo per dirigere la tensione – o la suspense, o qualsiasi cosa provi a sviluppare senza serie questa successo – verso qualcosa di già visto su “Watchmen”, ossia una lotta interna tra i principali protagonisti. Tuttavia, il tutto risulta abbastanza strano se proposto dopo le ultime puntate.

Riguardo ad Adrian Veidt e alla sua storia interna, bisogna fare una differenziazione tra le due apparizioni. Il filmato dove racconta il proprio piano, seppur sia privo di senso – perché Veidt dovrebbe rischiare così tanto di veder distrutto il suo piano geniale non si capisce, ma la risposta la avremo nelle settimane prossime –, è recitato molto bene da Jeremy Irons, e ci riporta il Veidt geniale della serie originale.

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Il segmento che lo vede sperduto in quella magione inglese che ogni settimana retrocede di un decennio – siamo arrivati alla fine dell’Ottocento per gli abiti visti –, mentre lui indossa uno scafandro a metà tra un Phineas Fogg e lo Steampunk più semplice, risulta sempre più ridicolo.

Abbiamo capito che i cadaveri dei servitori finivano su Europa, satellite di Giove, e, tramite quella stessa catapulta e il succitato scafandro, Veidt arriva sul Satellite e schiera i cadaveri in modo da formare la scritta «SAVE ME». Poco prima, non si sa come, Veidt aveva visto Marte a distanza, pertanto, la scritta sarebbe indirizzata al Dottor Manhattan.

La scena è chiaramente una citazione al capitolo Terzo del “Watchmen” originale, dove Jon vedeva il Pianeta rosso come una stella in cielo. Bisogna fare una piccola precisazione parecchio pignola: Giove si trova a tre unità astronomiche dalla Terra, cioè tre volte la distanza media tra Terra e Sole. Beh, se dalla Terra, Marte si vede come una stella, com’è possibile che da Europa si veda come un pianeta?

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Alla fine vediamo Veidt arrestato dal guardacaccia. Forse, un giorno, capiremo la sua storia. Giacché, questo suo lancio su Europa non parrebbe solo interplanetario ma anche interdimensionale, visto il suo ritorno su quella tenuta che avviene tramite una sorta di portale.

Vogliamo spendere, infine, delle buone parole sulla musica. “Careless Whisper” di George Michael, replicata in tre versioni oltre all’originale, fa da perfetta conduzione tra gli anni Ottanta e la «nostalgia» di cui parlano Angela e Wade. “Clair de Lune” di Debussy, invece, eterea e voluttuosa, si pone ottimamente nel segmento su Europa, soprattutto se si considera che «luna» è sinonimo di «satellite». Anche la messa da Requiem di Mozart risuona meravigliosamente, sebbene sia stata messa totalmente a caso. Un plauso a Lindelof almeno per questo.

Infine, gli orpelli. Che senso aveva la scena del rapporto omosessuale tra Giustizia Mascherata e Dollar Bill? Al Comico, nel secondo capitolo del “Watchmen” graphic novel era bastata una semplice frase per farlo intendere ai lettori. Quella si chiamava raffinatezza. Abbiamo capito che per Lindelof, il fruitore di questa serie tivù, di base, è uno che non capisce le cose senza che gli vengano mostrate.

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E poi diciamolo, si è persa totalmente l’idea di Alan Moore. I teletrasporti? Le altre dimensioni? Ma dov’è finito il crudo realismo applicato da Moore persino ai tanto decantati semidei in calzamaglia? Ci sarebbero potuti essere sviluppi decisamente diversi, invece si è finiti per vedere scene alla “Interstellar”, con ragionamenti dimensionali che qui non hanno alcun fondamento. Ma abbiamo già parlato di come si sia totalmente perso il concetto del “Watchmen” originale.

MANUEL DI MAGGIO

Qui trovate la recensione della quarta puntata!

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