Ritorna “Watchmen”, la serie TV della HBO scritta da Damon Lindelof. Dopo la parziale risalita della puntata precedente, eccoci propinato un nuovo disastro narrativo.

Nella scorsa puntata di “Watchmen”, Angela Abar/Sorella Notte, come ben ci ricordiamo, era stata arrestata per l’omicidio del capo Crawford. Prima di essere portata dietro le sbarre, aveva però ingurgitato diverse pillole di Nostalgia. Come ci spiega Laurie in questo episodio, la Nostalgia (da pronunciarsi all’inglese, con l’accento sdrucciolo), è un farmaco che, tramite microchip impiantati nel cervello, ha una sorta di effetto allucinogeno che trasporta nel presente i ricordi di chi ha assunto il farmaco. Angela, visto il sovradosaggio, finisce in coma e rivive come propri i ricordi del nonno, Will Reeves, finendo per scoprire che fosse proprio lui a indossare il cappuccio di Giustizia Mascherata. Risvegliatasi dal coma, Angela si ritrova assistita da Trieu.

Photo Credit: WEB

Sesta puntata di “Watchmen” quasi del tutto in bianco e nero, condita da musica jazz e folk d’altri tempi che pare una perfetta strizzata d’occhio al mondo del cinema narrativo classico. Forse un po’ troppo, giacché il tutto risulta puramente estetico – soprattutto quella ignota donna che suona il pianoforte –, e anche sbagliato sotto certi aspetti. Infatti, se il tutto ha luogo a New York, perché l’aria della Grande Mela non si respira? Ottima la colonna sonora ma non adatta a quella che era la città del Cotton Club e del jazz da night. Le inquadrature, l’ambientazione e tutto il resto sarebbero risultati più coerenti se il flashback fosse stato sito proprio a Tulsa.

Tuttavia, il problema più grosso di questa puntata è uno: la Nostalgia. Dobbiamo davvero credere che l’unico stratagemma narrativo scelto da Lindelof per raccontare il «colpo di scena» fondamentale della puntata fosse questo? Una sorta di droga allucinogena che riporta nel presente il passato? Lindelof non ha trovato nient’altro.

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È parecchio infantile, soprattutto per il modo d’agire della droga: dei microchip che finiscono nel cervello? Ma non sarebbe stato più logico e realistico accomunare la Nostalgia ai funghi allucinogeni, al Lsd o alla mescalina? Si sarebbero tramutate tutte in allucinazioni forti e aggressive – e credibili, soprattutto –. Peraltro, dal punto di vista medico, il rischio di «rimanere sospesi tra le allucinazioni» di quelle droghe è simile al coma di Angela.

Laurie ci liquida in tre secondi il funzionamento di questi microchip senza spiegarcene il vero funzionamento. Sembra una trovata parecchio fanciullesca e ridicola. Ricorda le storielle che si leggevano sulle strisce a fumetti degli anni Trenta con bizzarre tecnologie inventate sul momento come deus ex machina.

Qualsiasi altro principio progettuale sarebbe stato più accettabile. Anche il cliché del manoscritto ritrovato di stampo manzoniano. Magari, un libro scritto negli anni Sessanta sull’onda del successo di “Sotto la Maschera” di Hollis Mason (il primo Gufo Notturno). “Sotto il Cappuccio”, per esempio. Qualsiasi cosa, ma non delle pillole che agiscono tramite microchip impiantati – non ci è dato sapere come – nel cervello.

Il secondo nodo cruciale: l’identità di Giustizia Mascherata. Partiamo dal presupposto che tradire la narrativa di Alan Moore in questo modo ci stava, era accettabile. Non è del tutto impensabile che Giustizia Mascherata potesse essere proprio un nero. Risulta ridicolo che si schiarisse l’incarnato, è vero, ed è soprattutto grave per l’universo di “Watchmen” che tende a distruggere queste eccessive richieste di sospensione dell’incredulità presenti nel mondo supereroistico. Ma tutto è raccontato in modo eccessivamente superficiale.

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Per prima cosa: il fatto che Will veda il primo numero di “Action Comics”   debutto di Superman – è ripreso in modo molto poco approfondito dal succitato “Sotto la Maschera”, dove Hollis Mason lo citava apertamente. In secondo luogo: pensare che Will si sia deciso a indossare il cappuccio di Giustizia Mascherata, dopo esser stato impiccato con un cappuccio nero da alcuni colleghi poliziotti membri di una frangia del Ku Klux Klan, appare bambinesco.

Will vede una scena di violenza e decide di intervenire con il cappuccio nero e il cappio sottosopra. Perché? È un poliziotto. Dovrebbe avere l’istinto di intervenire per dovere. Direte che lo ha fatto perché reduce da episodi razziali e, pertato, traumatizzato. Ma non è un po’ labile come motivazione? È l’ennesima dimostrazione che, in questa serie, l’argomento del razzismo è stato trattato in modo retorico e privo di originalità.

Al suo pari, citiamo l’argomento omosessualità. Capitan Metropolis e Giustizia Mascherata avevano una relazione omosessuale. Questo lo abbiamo capito. Ma perché si è passati da quel rapporto messo totalmente a caso nella scorsa puntata a una continua latenza di spiegazioni in questa? Non è stato approfondito nulla. Li si vede conoscersi e fare sesso due scene dopo. Era una grande occasione. Si poteva mostrare un Will che tiene a Gardner perché, in lui, vede un WASP al fianco del quale condurrà la redenzione dei neri, ma ne rimane parecchio deluso quando lo vede schierato dall’altra parte.

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Tutto questo è stato vagamente annunciato, senza approfondimenti veri e propri. Il fatto che i Minutemen portassero avanti delle idee di stampo reazionario e di estrema destra lo possiamo trovare solo nel “Watchmen” originale. Qui ne viene fatta una vaga, vaghissima menzione. Anche il personaggio di Dollar Bill che ci viene presentato su di un manifesto, non incide come avrebbe dovuto se l’idea era quella di rappresentare un gruppo di vigilanti mascherati che servono un’idea di giustizia superata e contraddittoria. Tutti argomenti toccati benissimo da Moore, nel vero“Watchmen”.

Se l’idea era quella di trattare temi tabù in quegli anni come razzismo e omosessualità, perché non si è mostrato nient’altro delle motivazioni di Will e di Gardner? Magari esaltando narrativamente l’ipocrisia insita all’interno dei Minutemen – si sente la mancanza del Comico, il primo a rinfacciare a Giustizia Mascherata la sua omosessualità –. Sarebbe stato molto più sensato. Invece, si è cavalcata l’onda del sesso tra i due, come per il giocattolo sessuale azzurro di Laurie. Tutto fatto per creare momentaneo scalpore ma senza un vero significato.

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Tuttavia c’è da puntualizzare una cosa: questa sesta puntata, insieme alla precedente, ci ha fatto capire che tutti gli orpelli aggiunti a caso nelle prime tre, adesso stanno via via esplicandosi. Ovviamente non in modo encomiabile dal punto di vista narrativo visto che tutto si sta risolvendo nel più becero dei raccontini retorici, ma almeno si dà un senso a settimane di confusione e incongruenza.

MANUEL DI MAGGIO

Qui trovate la recensione della quinta puntata.

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